Margini è un piccolo capolavoro del cinema italiano contemporaneo.
È stato presentato a Venezia in occasione della 37esima edizione della Settimana Internazionale della Critica (SIC), a fianco di altri 6 lungometraggi provenienti da Colombia, Francia, Svezia, Austria, Serbia e Germania. Un invito inaspettato, “un fulmine emotivo”, come l’ha definito Niccolò Falsetti, regista e co-sceneggiatore.
«Abbiamo iniziato a scrivere in una cameretta di via Trapani ormai tanto tempo fa e ora siamo qui a presentarlo a Venezia» ha raccontato emozionato Francesco Turbanti, interprete (aka Michele) e co-sceneggiatore insieme a Falsetti e Tommaso Renzoni.
Noi di Tre Sequenze eravamo lì, alla Sala Perla del Palazzo del Casinò, attorniati da giornalisti e cinefili che hanno accolto il film in sala con una meritatissima standing ovation.
Margini è la storia di un’amicizia, di un viaggio, di un sogno impossibile. Tre ingredienti di prima qualità – o tre sequenze – per un road movie che ti tiene già incollato alla poltrona. Edoardo (Emanuele Linfatti), Michele (Francesco Turbanti) e Iacopo (Matteo Creatini) sono tre ragazzi, non proprio coetanei ma comunque giovani, animati dallo stesso sentimento di rivalsa di una gioventù abituata a starsene nella propria bolla di provincia, con conseguente e inevitabile aspirazione di fuga.
È proprio lei, la provincia, la vera protagonista di questa commedia punk sincera, energica e vitale. La provincia di Grosseto, e in generale la Maremma Toscana, distante da tutto: due ore da Roma, due ore da Firenze, due ore da Pisa. Il motore della vicenda è la salda amicizia dei tre, la benzina è la musica, la frizione la loro giovinezza, il freno le loro tasche vuote. Destinazione: qualsiasi concerto in cui poter far ascoltare la loro musica. Ma finora sono sempre stati loro a doversi muovere per andare a raggiungere i loro sogni di gloria, oltrepassando i margini.

Settembre 2008. Stanchi di suonare il loro punk hardcore o street punk (difficile spiegare ai vecchietti delle feste dell’Unità che tipo di musica fanno) nei soliti posti sgangherati dove per provare ti dicono di abbassare il volume (le pareti sono insonorizzate con le scatole delle uova) e dove per farti prestare l’attrezzatura per l’impianto devi praticamente vendere un rene, a Miche, Edo e Iac si presenta finalmente l’occasione della vita. E non gli arriva dal cielo, se la vanno a cercare: dovrebbero aprire un concerto all’Estragon di Bologna della mitica band americana Defense, in tour in Europa, ma all’ultimo viene tutto annullato.
Tentano una follia: chiamano il manager dei Defense e gli propongono di farli suonare a Grosseto. «I Defense a Grosseto, ma ci pensi?! Perché dobbiamo sempre essere noi a spostarci, facciamo per una volta che siano gli altri a venire da noi!». E così succede. Si improvvisano organizzatori. Parte una trafila di eccitazione e speranza per la ricerca spasmodica di un posto dove suonare, l’attrezzatura da affittare. Ma anche i biglietti dell’aereo. Sì perché i Defense partirebbero da Mosca e il biglietto per arrivare in Toscana chi glielo paga? Troppi ostacoli si frappongono tra loro e gli americani, e realizzare il concerto diventa un’ossessione, una questione di vita o di morte, un’impresa da portare a termine, un grido politico.
«Vogliamo solo fare un concerto e lo vogliamo far per bene. Punto».
I paradossi della provincia si scontrano con le manie di grandezza dei musicisti e i modi rudi per ottenere ciò che vogliono fanno da contraltare alla dolcezza dei loro legami famigliari. Ma rompere i margini significa mettere in discussione anche questi legami e fare i conti con il proprio dovere di figlio, figlioccio e padre. Fino a mettere in discussione persino la loro amicizia. E paradossale è quanto quello che ti rimanga del film sia il viaggio, i nostri eroi sull’automobile, con l’audiocassetta dei Defense a tutto volume, a bordo batteria, chitarre elettriche e la voglia di spaccare. Come se dovessero andare chissà dove e invece restano sempre lì, ai margini. Forse perché i margini non sono quelli fisici, ma quelli affettivi, culturali, ideali.
La voglia di farcela.
E ce la faranno, a modo loro: «Abbiamo portato i Defense a Grosseto», realizzano a un certo punto Edo e Miche, appena usciti dalla questura dove sono finiti dopo aver fatto carte false. Iac, invece, dopo l’altra occasione della vita – quella di suonare il violoncello nell’orchestra di Barenboim – dovrà decidere se prendere o no quel treno per l’aeroporto di Pisa, dove lo aspetta il celebre direttore d’orchestra argentino.
Il film è prodotto da Dispàrte, Manetti Bros e Rai Cinema. Le musiche sono di Alessandro Pieravanti e Giancane. Prezioso anche il contributo di Zerocalcare che, oltre ad aver realizzato le illustrazioni, è anche protagonista di un cameo vocale.
I costumi sono di Ginevra de Carolis, storica collaboratrice della famiglia Manetti Bros, di cui Falsetti è stato per tanti anni seconda unità. Tra gli interpreti anche Valentina Carnelutti, Silvia d’Amico, Nicola Lignanese, Paolo Cioni, Aurora Malianni.
La collaborazione Zerocalcare – Giancane ci rimanda subito alla serie Strappare lungo i bordi, approdata su Netflix quasi un anno fa. Quei bordi che ci rimandano al disagio provato da parte di un’intera generazione, che si ritrova a sperimentare un senso di vuoto causato dalla perdita di certezze e di punti di riferimento. Ecco, quei bordi sono il nostro varco, quello che non dovremmo avere paura di affrontare: i nostri margini.

Dall’8 settembre al cinema