L’universo alla rovescia della casa editrice il Palindromo

Uno dei miei pezzi preferiti della musica italiana è Un punto di vista strambo, il mambo dei pipistrelli scritto da Flavio Conforti e portato vittoriosamente allo Zecchino d’oro nel 2011 da Michela Maria Perri ed Enrico Turetta. Nel ritornello i mammiferi volanti protagonisti della canzone, abituati a guardare il mondo a «zampe in aria e testa di sotto», confidano all’ascoltatore che il suo dritto punto di vista è per loro, come dice il titolo, «strambo». A questo mambo ho pensato la prima volta che mi sono imbattuto nel catalogo e nel raffinato universo alla rovescia della casa editrice il Palindromo. L’animale di riferimento qui non è il pipistrello ma il gambero (il cancer realizzato dal designer Alessio Urso, marchio di fabbrica de il Palindromo), che con il suo procedere all’indietro per andare avanti offre un esempio naturale e allegorico di visione ribaltata.

Infatti, ricorda l’editore nel suo sito, i versi palindromi in poesia erano detti anche «cancrini». A proposito di capovolgimenti e giochi di raffinatezza, il primo testo de il Palindromo che ho letto, Calciopop. Dizionario sentimentale del pallone di Giovanni Tarantino, mi ha piacevolmente preso in contropiede. Pensavo di scorrere una lista di curiosità pallonare, invece mi sono trovato tra le mani una miscellanea di storie e immagini – con prefazione di Italo Cucci –, distribuite di pagina in pagina secondo un ordine alfabetico che favorisce connessioni illogiche, promiscuità di temi, e altri felici disordini. A metà tra la rassegna di aneddoti e l’album di figurine, tra l’elenco-itinerario e il collage, Calciopop è una piccola enciclopedia di sport e costume (comprende anche un’appendice saggistica sul movimento ultras), adatta a chi ama il football e la fantascienza, il pop e l’Inghilterra, i loghi e gli 80’s. Uno di quei libri che tieni a portata di mano per finire bene una giornata o per iniziarla meglio, infatti non se n’è più andato dal mio comodino. Una cosa del genere, mi sono detto, possono pubblicarla solo dei fuoriclasse.

Oggi intervisto Francesco Armato e Nicola Leo, fondatori e ideatori della casa editrice.

Francesco e Nicola, com’è nata la vostra avventura editoriale?

Tutto inizia nel 2011 con una rivista: «il Palindromo. Storie al rovescio e di frontiera», che è stata il nostro laboratorio di formazione: il luogo in cui si sono consolidate molte delle collaborazioni e dove sono nate gran parte delle idee che ancora oggi ci accompagnano. Dopo qualche anno, è stato naturale ampliare il progetto e dare il via a un vero disegno editoriale, che della rivista ha mantenuto il nome: ci piace l’idea palindroma di rigirare l’ordine di lettura di ciò che si osserva senza per questo mutarne il senso. Ed è quello che proviamo a fare nei nostri libri, stare in equilibrio tra una prospettiva originale e l’ancoraggio a un mestiere che interpretiamo molto “all’antica”. Il primo nostro testo è stato, nel maggio 2013, la nuova edizione dell’Almanacco siciliano delle morti presunte di Roberto Alajmo.

Come avete strutturato il catalogo? Quali sono le vostre collane e che genere di testi comprendono?

Il catalogo della casa editrice segue alcune precise direttrici che si sono andate consolidando nel corso degli anni. Quella principale riguarda la critica letteraria connessa alla topografia delle città nella collana “Le città di carta”, vero cuore editoriale del Palindromo, diretta dai critici letterari Salvatore Ferlita e Fabio La Mantia e arrivata al nono volume; ogni libro contiene la mappa letteraria della città in oggetto per orientarsi all’interno dei luoghi di cui si scrive. Altra colonna portante è quella che noi definiamo “editoria ecologica”, ovvero la riscoperta, ma in alcuni casi si tratta di una vera e propria scoperta, di testi e autori dimenticati o fagocitati dal vorticoso ritmo del mercato librario.

Rileggere scrittori come Nino Savarese e Giuseppe Antonio Borgese, riportare alla luce la prima stesura del Pinocchio di Collodi o pubblicare per la prima volta in Italia Il conte di Mazara, inedito di Alexandre Dumas ambientato a Palermo, ha per noi un valore culturale ed ecologico, appunto, in quanto ci permette di rallentare e in alcuni casi di spezzare il meccanismo della continua rincorsa alle novità, che resta il principale problema strutturale del settore editoriale.

Ultima ma non meno importante direttrice è quella legata ai temi del fantastico e dell’immaginario, che attraversa gran parte delle nostre collane e di cui i libri del duo catanese Rosario Battiato-Chiara Nott (Creature fantastiche di Sicilia e Bestiario contemporaneo di Sicilia) sono probabilmente l’esito più riuscito e conosciuto. Proprio Rosario Battiato inaugurerà a brevissimo la serie delle “Guide immaginifiche”, che dirigerà, con un volume dedicato all’Etna. La sintesi tra editoria ecologica e direttrice fantastica è rappresentata dalla collana “I tre sedili deserti” (che è anche un bellissimo palindromo), diretta da Giuseppe Aguanno. Questa collana intende riportare l’attenzione su romanzi, racconti, saggi e documenti che hanno contribuito alla costruzione del genere fantastico: classici riscoperti e prime edizioni in italiano, impreziositi da apparati critici e approfondimenti, molto amati dagli appassionati del genere per la cura meticolosa con cui vengono realizzati. Ad oggi sono entrati nel catalogo Machen, Merritt, Hodgson, Bergier, Rosny e brevissimo toccherà a Gustav Meyrink.

La nostra rivista si è interessata in modo particolare alle guide letterarie pubblicate da il Palindromo (Chiara Molinari ha recensito per Tre Sequenze Palermo di carta di Salvatore Ferlita). Come si racconta, da editori, una città?

La collana “Le città di carta” rappresenta il primo strutturato progetto della casa editrice. Un’idea fondante e ben precisa, che a distanza di otto anni possiamo considerare vincente. Raccontare le città attraverso la letteratura che le ha raccontate: questo gioco di parole raccoglie il principio – tutto sommato piuttosto semplice – che ha dato vita alla collana. Amore per la letteratura, passione per la storia, ossessione per la geografia e la topografia; gli ingredienti delle “Città di carta” sono anche i comandamenti della nostra casa editrice, il nostro portato, perché è così che il Palindromo intende il mestiere di editore: un costante invito alla scoperta e all’approfondimento critico. I lettori di queste “guide letterarie” entrano in possesso di nuovi strumenti di indagine, prospettive inedite per leggere i libri e per vivere le città; sono gli autori, che nel corso del Novecento (con qualche incursione ottocentesca) hanno tracciato con le loro parole rotte urbane imprevedibili e misteriose, a offrire la possibilità di svelare o riscoprire luoghi sconosciuti oppure da sempre osservati in una maniera, diciamo, convenzionale.

Secondo Walter Benjamin, ci vuole una certa pratica per smarrirsi in una città. Quanto può aiutarci un libro per affinare questo esercizio?

Forse, collegandoci a Benjamin, possiamo dire che occorre smarrirsi prima di ritrovarsi desti e pienamente consapevoli al centro di una città; un libro è sempre la ricetta giusta per resettarsi e per orientarsi al meglio. In questa rinnovata dimensione, abbiamo deciso di allegare a ogni volume una mappa letteraria della città con l’indicazione dei luoghi più significativi passati in rassegna. La nostra operazione di mappatura toccherà entro l’anno anche Firenze, e poi procederemo con altri centri nevralgici per la storia letteraria d’Italia e non solo. Insomma, si tratta di una nuova e ambiziosa interpretazione del mondo: la lettura dello spazio e dei luoghi può svolgersi secondo noi su un altro piano, inconsueto e rigorosamente di carta.

Quanto è importante riscoprire le mappe?

Lo strumento della mappa è per noi complementare alla guida letteraria: per orientarsi non può esistere nulla di meglio di una mappa con riferimenti mirati e puntuali. Noi tendiamo a mappare compulsivamente quasi ogni libro, amiamo perderci nella letteratura, ma per goderne appieno è poi importante ritrovarsi. Seguire le coordinate delle mappe significa trovare sempre un orientamento, ovvero il significato dello spazio. Nel catalogo palindromo le mappe non a caso hanno a poco a poco preso piede e da “Le città carta” si sono diffuse a macchia d’olio nelle altre collane. In buona sostanza, appena possibile alleghiamo una mappa ai nostri libri, elemento che ormai ci caratterizza molto anche agli occhi dei lettori.

Si capisce che dietro a ogni titolo de il Palindromo c’è un grande lavoro di redazione, progettuale e artigianale. Com’è cambiato il vostro mestiere di editori da quando siete partiti, circa dieci anni fa, ad oggi?

Ci fa molto piacere sapere che la cura e la passione che mettiamo nella realizzazione dei nostri libri venga recepita dai lettori. Per la piccola editoria indipendente è un valore irrinunciabile se vuole provare a ritagliarsi uno spazio in un settore, come quello editoriale, sovraffollato e molto concentrato. In dieci anni il nostro lavoro è cambiato e cresciuto in consapevolezza. Avendo imparato dagli errori, inevitabili, abbiamo capito via via sempre meglio cosa vogliamo che il Palindromo sia. Pur mantenendo attivo il ruolo di filtro culturale, che ogni editore necessariamente deve applicare nel momento in cui decide cosa immettere nel mercato e cosa no, il nostro lavoro si concentra oggi molto di più sulla fase progettuale: gran parte dei libri nascono concettualmente in casa editrice, dal quotidiano lavoro di progettazione e di ricerca. In questo un ruolo importante lo svolgono i già citati direttori di collana, coi quali c’è un confronto costante e fruttuoso, e il direttore artistico Simone Geraci che supervisiona l’aspetto grafico dei nostri libri (oltre a realizzare le copertine della collana “Le città di carta”).

Non c’è una formula standard, può succedere che si cerchi un autore per sviluppare un’idea o per curare una riedizione, o viceversa che si ricami un progetto su un determinato autore credendo che sia già nelle sue corde. Ma prima di ogni cosa dobbiamo innamorarci dell’idea del libro, della sua “essenza in potenza” per così dire, per poi svilupparlo nelle sue varie fasi con tutto il tempo necessario per i lavori di editing e di grafica, che vogliamo svolgere nel modo più accurato possibile. Ogni nostro libro deve essere visibilmente parte del più grande progetto marchiato il Palindromo, un tassello di un insieme coerente, secondo le coordinate di cui abbiamo parlato prima.

La vostra casa editrice ha un legame importante con la Sicilia e con Palermo. Quali sono le peculiarità di questa regione e di questa città di cui volete farvi interpreti con il Palindromo?

Palermo e la Sicilia sono il nostro osservatorio sul mondo. Ci siamo formati fuori, ma abbiamo scelto di tornare e avviare qui l’esperienza editoriale perché consideriamo un valore aggiunto, sul piano creativo, il vivere su quest’isola, incessante bacino di storie e di relazioni. Gli immaginari generati dalla Sicilia sono il serbatoio da cui scaturiscono diversi progetti editoriali che poi, molto spesso, si discostano geograficamente dall’isola ma conservano quel gene primordiale che affonda le radici nella fertile Trinacria.

Oggi è la Giornata mondiale del libro. Come la festeggerete?

Nell’unico modo possibile, cioè con una nuova uscita. Oggi lanciamo 101 scorie zen. Foto e haiku per una via poetica all’ecologia di Martino Lo Cascio, un viaggio visivo attraverso centouno scatti di scarti che l’autore ha realizzato nei litorali di Togo e Benin, ai quali sono affiancati gli haiku di vari esponenti del mondo culturale e letterario, da Robero Alajmo a Stefania Auci, passando per Paolo Di Paolo, Emauele Trevi, Fabio Stassi, Stefano Bollani, Claudio Magris, e molti altri.

Pubblicato da Michele Castelli

Nato a Milano nel 1987. Nel 2021 ha vinto il Primo Premio Nuovi Argomenti con il racconto "L'Empuerio", pubblicato su «Nuovi Argomenti» nel 2022. Un suo racconto è stato incluso nell’antologia “Racconti lombardi 2020” di Historica edizioni. Ha scritto per varie testate e riviste, frequenta l'Accademia di scrittura creativa Molly Bloom.

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