L’immobilità del tempo nel Sud Italia: “Fortunato” di Bruno Larosa

Essere nel posto sbagliato al momento sbagliato, così si apre l’ultimo lavoro di scrittura di Bruno Larosa, avvocato penalista, scrittore di adozione napoletana originario di Locri. 

Il genere narrativo in cui possiamo incasellare questo romanzo è il giallo giudiziario. Il sistema giuridico è a tutti gli effetti un altro personaggio di questa vicenda avendo un enorme peso all’interno delle vite dei nostri protagonisti. Questo diventa luogo del dolore, dell’ omertà ed anche della correttezza. Genere di origine statunitense, viene importato in Italia brillantemente da Bruno Larosa. Lo scenario non è quello del Texas o della California, ma è quello della Magna Grecia, del calore del Sud che non conosce la clemenza, ma viene abbracciato ogni giorno dal Sole più caldo d’Italia. 

Ad un uomo onesto, dedito al lavoro e alla famiglia, in una notte, viene distrutta una vita intera. L’essere umano in questione è Fortunato, ma l’esperienza che egli si trova a vivere è un’antitesi del suo nome. In una regione dove regna la diffidenza verso tutti e tutto, la generosità viene pagata a caro prezzo. Fortunato, consentendo a un amico di ospitare nel suo capannone delle persone, si ritrova in carcere con l’accusa di esser un capo della ‘ndrangheta. La sua condanna sociale è ormai stata segnata attraverso le immagini che si diffondono rapidamente. Ignorando l’esito del processo, la gente da quel momento in poi si rivolgerà a lui con rispetto e timore. 

«L’autorità urlava il nome per schernirlo, per biasimarlo, per giudicarlo. Dalle sue parti nessuno lo chiamava Fortunato Ardore, nessuno usava quella stessa solennità. Lo chiamavano Nato, e lo facevamo pacatamente e ciò bastava, bastava sempre».

Da quel momento, non sarà più se stesso. In un’immensa tragedia come questa, una sola fortuna esiste per il nostro protagonista: quella di avere un cugino avvocato, e nemmeno uno qualsiasi, uno dei migliori avvocati penalisti di Napoli. 

«Peggio della Sardegna, un posto dove piangi sempre tranne quando riparti» lo definisce così la scuola di polizia, tra i luoghi più angusti e rurali dell’Italia. Precisamente la Calabria è il luogo dove questo incontro maledetto avviene.

Nelle prime pagine è riportata al lettore un’immagine di tempo e luogo statico. Uno dei primi momenti della vicenda parte dall’estorsione dell’acqua della montagna. Agli abitanti di Locri, l’acqua pubblica non piace perché il cloro la rende pastosa e nauseante, così qualcuno prende l’acqua direttamente dall’Aspromonte.

Il suo salvatore invece proviene da un’altra zona del Sud Italia: da Napoli e da quella parte di esseri umani che amministra la giustizia in nome di una verità che diventa salvifica, che diventa dignità e luce di un popolo vittima delle sue stesse incombenze. Anche se fanno parte dello stesso Sud, Napoli e Reggio Calabria sono estremamente diverse. Ad esempio nel modo di amministrare la giustizia: come dice il giudice Quarantino, a Reggio Calabria si ritrovano sempre le stesse persone ad amministrare la giustizia perché i nuovi, sopraffatti dalle pressioni dei colleghi del posto, scappano. Castiglione resta sconvolto per ciò che alimenta questo circolo vizioso: la paura piuttosto che la fiducia verso il giudice domina gli animi. 

L’intero romanzo è caratterizzato dall’alternanza di due scenari: Locri, la zona circostante e Napoli. L’avvocato si divide tra la città partenopea, luogo del pensiero, dei lampi di genio, della famiglia e del caffè buono e Locri, luogo del processo, delle false verità condivise, dello stantio dei tribunali, della diffidenza e della giustizia che tarda ad arrivare. 

«Non considerano il tempo come variabile dell’equazione che porta all’utile» afferma Castiglione. La sensazione che si ha in questa discesa degli inferi è proprio quella descritta dal nostro protagonista: tutto chiede silenzio. Non importa che tu sia innocente o venga carcerato per errore, non importa che tu sia un giovane magistrato alle prime armi in una delle terre più difficili, il dubbio, la domanda o la scelta di un’alternativa non esiste, quasi come se in questi luoghi tutto fosse stato già scritto da qualcun altro e quindi non può che inevitabilmente andare così.  

«La giustizia presuppone sempre l’ingiustizia e non è affatto vero il contrario. In questo confronto la giustizia è sola, così come lo è il giusto: si tratta di una solitudine che è paragonabile solo a quella di Dio. Capirai bene, allora, che hanno un’impotenza decisiva la memoria e il ricordo. Quando cessano, si spegne quel fondamentale valore comparativo. Sorge, in tal modo, il pericolo concreto di antiche e sempre nuove ingiustizie le quali – come l’Araba Fenice – risorgono alle loro stesse ceneri. L’errore sta nel credere che le ingiustizie siano come le candele: una volta consumate, sono finite per sempre». 

Castiglione sceglie di andare avanti non senza avere numerose difficoltà. Per orientarsi segue l’unica bussola che conosce: la ricerca della verità. 

Nel territorio della ‘ndrangheta ogni spazio è abitato da uomini che vengono trasformati in esseri umani timorosi e ossessionati dalla paura di “essere sospetto di connivenza”, l’architettonica e i luoghi pubblici, appena finiti di costruire, sono già obliti. 

In questo caso, il tempo non è un grande aiutante del progresso, ma Bruno Larosa attraverso il personaggio di Fortunato, ci riporta un immagine di speranza persistente, quasi indelebile, che viene definita con la splendida descrizione di una tortora: «Vide una tortora ferma al centro della piazza; d’un tratto quella allungò e ritrasse il collo, sbatté le ali e fece un giro su se stessa. Sembrò fissare l’Avvocato rimasto immobile sull’ultimo gradino della scalinata e, rapida, spiccò il volo in direzione dell’Aspromonte». 

Fortunato di Bruno Larosa, Ronzani editore, p. 352, 17 euro

Pubblicato da Alessandra De Gennaro

Nata a Benevento nel 1996. All'età di diciannove anni si trasferisce a Roma per conseguire la laurea in filosofia alla Sapienza. Ossessionata fin da piccola dal cinema, parallelamente agli studi, segue dei laboratori di recitazione e scrittura cinematografica. Attualmente sta completando il suo percorso accademico con laurea magistrale alla Sapienza.

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