“Le città metafisiche” di Ilaria Palomba: puro desiderio di rinascita

 

Pensando all’immagine delle città metafisiche, riaffiorano i dipinti di De Chirico e in particolare la serie delle Piazza d’Italia, in cui gli spazi sono definiti da prospettive multiple, con punti di fuga incongruenti tra loro. In questi quadri troviamo solitudine, silenzio e particolari inattesi, come nella tela Gioie ed enigmi di un’ora strana (1913), in cui alla classicità dell’architettura degli edifici viene contrapposta la presenza di ciminiere. Il passato e il presente si confondono, dando vita a un tempo indeterminato.

È ciò che accade anche nell’ultima raccolta di poesie di Ilaria Palomba, intitolata Città metafisiche, pubblicata dalla casa editrice Ensemble. 

L’autrice, nata a Bari nel 1987 e laureata in filosofia, vanta già diverse pubblicazioni: romanzi, poesie e saggi, tra cui Homo homini virus (Meridiano Zero, Premio Carver 2015), Disturbi di luminosità (Gaffi, 2018), Brama (Giulio Perrone, 2020), le raccolte di poesia Mancanza (Alter Ego-Augh edizioni, 2017) e Deserto (Fusibilia, 2019).

Il poeta Gabriele Galloni, caro amico dell’autrice, scomparso la scorsa estate a soli 25 anni, ha definito Città metafisiche la sua migliore prova poetica e, nella prefazione, invita il lettore a non cercare influenze esterne: è una poesia che vive di per sé stessa.

In questi versi incontriamo vari luoghi: il Castello di Otranto, la scalinata di Piazza di Spagna a Roma, il Gianicolo e anche Parigi. Si tratta di spazi deserti, spesso respingenti, come la falesia di Otranto. 

Oltre alle strade vuote e al silenzio delle corsie d’ospedale, ritorna con insistenza l’immagine della finestra, soglia tra fuori e dentro, in alcuni versi innalzata al livello di un tempio, in altri definita un mare in tempesta. La ritroviamo anche in questi versi: «Io non so dirti che finestra serrare/ se non il suono delle campane/ la notte dei Santi mentre dormiamo/ per non dormire, svegli, per non morire». Anche il tema della luce è ricorrente, come fosse l’unica presenza a resistere negli spazi ormai inabitati. La città però non è solo come appare oggi, vuota e sospesa nell’attesa di tornare a vivere, è anche il ricordo del passato:

Roma mi ha uccisa, lo ha fatto lentamente

promettendomi tesori,

aperto il baule

ho trovato serpenti,

antichi veleni

e gallerie di strappi

Gabriele Galloni ha colto il punto essenziale di questo lavoro: l’autrice dimostra in queste pagine che è ancora possibile raccontare la sofferenza di appartenere al mondo. È vero, il dolore è certamente il nucleo centrale di questa raccolta, ma, come i fiori capaci di crescere nei luoghi più inaspettati, si fa strada accanto ad esso un bisogno di rinascita:

Nella crudele bellezza del silenzio

il desiderio di una primavera.

Se le strade vuote di Roma trasformano il volto della città in uno scenario devastante, si annida in quest’angoscia la consapevolezza che:

Torneranno vivi anche

i luoghi se saremo capaci di spogliarli

del dolore di questi cento giorni

Ilaria Palomba, Città metafisiche,
Edizioni Ensemble, Euro 12

Immagine di copertina: foto di Dino Ignani

Pubblicato da Carolina Germini

Nata Roma il 24/09/1993. Si laurea in Filosofia alla Sapienza con una tesi su Gilles Deleuze lettore di Proust. Durante l'Università fa due esperienze Erasmus presso École normale supérieure di Parigi, dove si trasferisce dopo la laurea e dove insegna Filosofia ai bambini. Collabora e scrive regolarmente per diverse testate e riviste e ha da poco fondato Tre Sequenze.

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