L’ Archivio di Alfredo de Santis: la pittura come narrazione

Il giorno in cui ho deciso di iscrivermi alla scuola di design ancora non sapevo cosa avrebbe significato entrare a far parte di quel mondo. Tuttora la parola design è usata e molto spesso abusata. Raccontato, presentato, discusso, il design è ormai incluso oltre che in molti altri ambiti, soprattutto in quello artistico. Ma design e arte, pur muovendosi in binari paralleli, si presentano con intenzioni, domande e soluzioni ben diverse. Da sempre convinta che le attitudini artistiche nel modo in cui “mostrano il problema” possano essere di grande aiuto alle soluzioni che il design propone, continuo a cercare traiettorie in cui le due strade possano diventare, anche per un solo momento, tangenti.

Durante la mia ricerca ho scoperto l’opera di Alfredo de Santis, grafico-pittore della scena romana degli anni Sessanta.

A causa della sua prematura scomparsa e di una scelta di vita che non lo ha portato a essere sulle prime pagine dei giornali, come spesso accade a molti, anche senza che ne abbiano alcun titolo, la sua opera rimane ancora oggi poco conosciuta. A questo proposito, fondamentale è la recente creazione di un Archivio dei suoi lavori ad opera della collega e moglie Carla Conversi.

Tavolo di lavoro. Studio di Tor di Quinto

La semplicità e l’immediatezza con cui il nostro secolo ci permette di avere accesso a tutto ciò che desideriamo sapere non sempre è indice di conoscenza.

Lo sguardo critico di chi ricerca con cura risposte più ampie che diano il giusto contesto alle domande poste, si sta lentamente perdendo. L’importanza degli archivi, soprattutto nel settore artistico, entra in gioco anche in merito a questo scenario.

La possibilità di avere una visione dettagliata e allo stesso tempo completa circa l’attività artistica di Alfredo de Santis mi ha permesso di conoscere la sua figura ancora più a fondo. Curato da Carla Conversi, l’Archivio presenta il lavoro di de Santis, mantenendo intatto il carattere polivalente con cui l’artista ha firmato tutte le sue opere. Se da un lato infatti è organizzato con prassi e rigore, dall’ altro restituisce con interezza la ricerca artistica e visiva che lo ha portato a essere l’artista che conosciamo. La necessità di un Archivio offre inoltre un contesto politico, culturale e sociale attorno al quale e nel quale determinate opere vengono alla luce. Avere l’opportunità di avere una così complessa e completa visione di insieme di tutto il suo lavoro è un dono prezioso per cui io e tanti altri con me e dopo di me siamo grati a Carla Conversi.

Piccoli frammenti di antiche civiltà 1971. Tempera su tela cm 100 x 100

Se dalla biografia di Alfredo de Santis si conoscono le sue radici romane e la sua breve ma fondamentale tappa a Milano con Folco Lucarini, è “vivendo” (per ora solo digitalmente) l’Archivio, osservando e analizzandone i suoi contenuti, spaziando tra disegni e sculture, che veniamo a scoprire la sua appartenenza al gruppo di artisti di Piazza del Popolo nella Roma degli anni 70. In quegli anni c’era un luogo che li raccoglieva e li ospitava, la libreria Ferro di Cavallo di Agnese De Donato frequentata da Schifano, Novelli, Burri, Perilli, Sinisgalli, Pagliarani Giuliani e tanti altri, ed era lì che le passioni e gli interessi di pittori, scrittori, poeti si incontravano. La scena artistica di quel periodo si è arricchita grazie agli stimoli che tanti, come il gruppo di cui Alfredo de Santis faceva parte hanno contribuito a  creare. Ma per menti curiose e occhi vivaci viaggiare era necessario per poter valorizzare ancora di più l’immaginario visivo che noi, ancor oggi, incontriamo negli artisti di quegli anni.

La Poltrona di Mary 1974. Acrilico su tela cm. 120 x 200

Poltrona con cuscino – paesaggio 1978. Acrilico su tela fotografica cm 30 x 30

È stato proprio un viaggio, quello a Milano sollecitato da Folco Lucarini, a caratterizzare parte dell’opera di Alfredo. Negli anni futuri all’ esperienza Milanese verrà ricordato come Grafico-Pittore, dualità che nel caso della sua opera non sottrae nulla né alla grafica né alla pittura. È infatti durante la sua esperienza a Milano che Alfredo ha potuto scoprire il segno come racconto. Gli anni milanesi furono, come lui stesso li descrive, una lezione “di metodo e di libertà inventiva” anni in cui ha cominciato a prendere forma la doppia natura che ha caratterizzato e sempre caratterizzerà la sua opera di “narratore a cavallo tra grafica e pittura, che si ostina a non cancellare l’antico margine tra il segno e il colore”.

Cuscini, 1974. Acrilico su tela. Cm 105 x 155

Quando nel 1964 fa ritorno a Roma e apre il suo primo studio professionale, i suoi lavori spaziano tra l’editoria, la politica e il cinema. La comunicazione è il filo che unisce e allo stesso tempo scuote e tiene viva la sua dualità di grafico-pittore. La comunicazione è al centro delle sue opere nel suo significato di strumento di semplificazione.

Che cosa è allora che Alfredo comunica e come lo semplifica?

Ripensando ai grafici milanesi di quegli anni, Giancarlo Iliprandi fra gli altri, e riguardando alle loro opere, è forse possibile notare la mancanza di un segno che fosse loro, de Santis invece ha trasposto la sua intera persona e visione delle cose in una enorme quantità di taccuini che Carla Conversi custodisce e dai quali traspare la profonda ricerca portata avanti per anni del segno come racconto.

N. Y 1974 – Collage e smalto su tela cm 12 x 24

«Alfredo de Santis è un progettista che conosce il limite delle due discipline, per cui ne utilizza la potenzialità, senza mai sfondare completamente i confini dell’una e dall’altra: questa qualità si chiama professionalità, che significa anche rinunciare alla facilità di una mano e di una tradizione artistica, per evidenziare invece, la necessità etico politica di una chiarezza e semplicità linguistica». Queste le parole di Aldo Colonnetti, filosofo, storico e teorico dell’arte. La commistione con il cinema, la pittura, il disegno creano nell’opera di Alfredo una grafica con una forte valenza pittorica. La fionda, seppure sia una scultura è una dimostrazione di quanto detto. Come ancora ci racconta Colonnetti: «La fionda è un pretesto, è una forma, non è un simbolo; ma la sua struttura geometrica consente le più svariate utilizzazioni. Alfredo de Santis ricerca quale grafico e pittore, le potenzialità semantiche di questo strumento, senza perdersi in un gusto esclusivamente decorativo o strettamente funzionale al committente. È come se la cultura progettuale di de Santis, una volta messa in moto intorno a un’idea, a un intuizione, insegua ostinatamente una meta che è sempre oltre: La grafica come ricerca di nuove potenzialità comunicative.

La fionda di famiglia 1987

Questa è la dimostrazione che un racconto si può sempre costruire, anche intorno a un’idea o a una ipotesi ancora imprecisa e poco definita nei suoi confronti semantici: fondamentale è l’organizzazione dei segni, il loro rapporto con il testo, il controllo delle parti».

Le parole di coetanei e colleghi di de Santis suggeriscono che la trasformazione più che la creazione sia il motore trainante della sua attività artistica.

Il diario dei segni consiste nel visualizzare concetti, luoghi, legami, pezzi di storia, il parlare con la gente, visualizzarli attraverso il proprio mestiere.

Paesaggio con quadro 1982. Olio su tela cm 30×40

Per usare una frase di Alfredo in un’intervista di Francesco de Bartolomeis: «Il grafico è un esperto di comunicazione multimediale e ha il problema di contribuire a migliorare il più largamente possibile la comunicazione. Non si tratta di estetizzare la comunicazione ma di darla forme e strutture che le consentano di raggiungere i suoi scopi, eliminando gli elementi di disturbo». Tutto quello che lo riguarda è parte di una visione più grande. Ogni aspetto della sua vita definisce la trasformazione che ha applicato e praticato  alle sue opere. Crearsi la committenza infatti rientra nelle sue abilità di osservatore, che gli hanno permesso sempre di guardarsi attorno per ampliare quel diario dei segni che cresce e si modifica insieme al lavoro.

Tornando a casa 1988. Acrilico su tela cm 75×40

Ed è la sua grande capacità di osservatore a rendere l’opera di de Santis non solo una matrice grafica semplificata, ma di attribuire ai suoi lavori un lato poetico sempre aperto all’invenzione.

La sua figura artistica e personale coincidono. La comunicazione è il racconto di una storia, che nel caso dell’opera di Alfredo, corrisponde alla storia di un segno. Il processo è anche inverso, il segno diventa racconto. È solo guardando alle sue sculture, ai suoi disegni e alle sue pitture che è possibile rintracciare il filo conduttore e il motivo artistico del suo lavoro.

Grazie all’ Archivio recentemente creato, questo percorso di rintracciamento vi porterà a scoprire la differenza, sempre se ve ne sia una, tra rintracciare e tracciare.

Segnaletica 1977. Tavola dil legno con piombo e stoffa cm 52 x 45

Archivio Alfredo de Santis: https://www.archivioalfredodesantis.it/

Immagine di copertina: Alfredo De Santis nel suo studio di Tor di Quinto, Roma. Foto di Marcello Gianvenuti

Pubblicato da ilariapalmieri

Ilaria Palmieri nasce a Roma nel 1994. Laureata in Design di Interni al Politecnico di Milano, ha poi studiato presso il Royal College of Art di Londra. Ha accumulato collaborazioni con noti studi di architettura milanesi, fra i quali Mario Bellini e Andrea Caputo. La sua curiosità l’ha sempre spinta a prendere parte in concorsi durante i suoi studi, portandola a vincere nel 2017 il primo premio per Framestore’s contest ( animazione e effetti visivi) a Londra, e ad essere finalista per un concorso per Ikea. Nel dicembre del 2019 ha co-fondato Substrata, collettivo interdisciplinare di architettura e design.

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