«Se mi guardi con gli occhi dell’amore non ci lasceremo più». Così comincia Amore senza fine, una delle canzoni più famose e più belle di Pino Daniele. Camminando tra i corridoi dell’ex chiostro piccolo della Chiesa di Santa Caterina a Formiello a Napoli, dove è stata allestita la mostra Pino Daniele Alive, questi versi assumono un significato nuovo. Gli occhi innamorati sono quelli del pubblico del cantante partenopeo, che con un misto di malinconia e riconoscenza ammira le foto appese sui muri del chiostro.
La mostra, visitabile fino al 31 dicembre, presenta per la prima volta stampe in grande formato di meravigliose fotografie che ritraggono il mascalzone latino durante tutta la sua carriera: dagli anni ’70 ai primi 2000. Gli autori degli scatti sono diversi fotografi-amici che hanno testimoniato con professionalità e sensibilità non solo le performance che Pino ha donato ai suoi fan, ma soprattutto il Pino del backstage, dei periodi di lavoro silenziosi, passati magari in qualche isola del Mediterraneo con la mente sempre rivolta alla sua Napoli. Parliamo di artisti del calibro di Guido Harari ‒ curatore della mostra insieme ad Alessandro Daniele, figlio di Pino ‒ Giovanni Canitano, Adolfo Franzò, Mimmo Jodice, Cesare Monti, Roberto Panucci, Letizia Pepori, Lino Vairetti e Luciano Viti.
Proprio Guido Harari, che nella sua vita ha raccontato tramite i suoi scatti anche musicisti internazionali come Lou Reed e Frank Zappa, ha voluto fortemente che quest’esposizione si svolgesse nello spazio dell’ex chiostro dove oggi ha sede la fondazione Made in Cloister, nata nel 2012 per restaurare lo spazio cinquecentesco che all’epoca versava in uno stato di abbandono, nell’ottica di un rilancio del patrimonio culturale della città di Napoli rinnovandone lo spirito attraverso progetti di artisti e designer internazionali.
Queste mura, che dal ‘500 all’800 hanno custodito le vite di monaci celestini e domenicani, per poi assistere attonite alla produzione di lana e divise militari che qui cominciò nel XIX secolo per volere di Ferdinando di Borbone ‒ quando il chiostro si trasformò in un vero e proprio lanificio ‒, sono la cornice perfetta per raccontare la vita, le opere, gli oggetti dell’artista che più degli altri ha saputo trasportare la musica napoletana oltre i confini partenopei. Le stesse sonorità jazz e blues che, creando uno sposalizio perfetto con le sonorità mediterranee, fanno da sottofondo al pubblico che si rechi a visitare la mostra.
Per i corridoi del lanificio non troviamo infatti soltanto le fotografie, ma anche spartiti, strumenti musicali, vestiti e la vera e propria ricostruzione del camerino del Masaniello della canzone italiana. Reliquie di un santo contemporaneo, che si fatica a lasciar andare al tempo, poiché si conserva vivo e vitale ogni volta che viene diffusa o suonata una sua canzone: al centro del chiostro è stata predisposta un’area chill out, provvista di palco, dove vengono organizzate performance di artisti vari o dove si può restare seduti a meditare, magari sulle note di Quanno Chiove. Tanto l’aria s’adda cagna’.

Fondazione Made in Cloister, Campania Teatro Festival, Napoli, fino al 31 dicembre 2021