Io vorrei solo stare in barca, e esplorare il mondo per mare, invece sono in sala chirurgica ogni giorno – però il mio ospedale è un’isola, ci vado a piedi o in bici, all’alba sono sempre presente, e ho una montagna di ferie non godute.
Mauro fa il medico anzi è un medico. Ed è attorno a questa differenza sottile, apparentemente insignificante, che ruota Il mio amico di Daniela Matronola, pubblicato da Manni editore. Si tratta di una raccolta di quattro racconti, legati tra loro dallo stesso protagonista, osservato da numerose angolazioni e presentato in diverse fasi della sua vita.
Matronola ama muoversi attraverso delle sequenze. Potremmo dire che la sua è una scrittura cinematografica. Questo è fortemente evidente anche nel suo libro Partite. Romanzo in quattro movimenti.

Il mio amico si apre con Liquor, primo racconto e prima grande inquadratura.
«Nello studio la musica non rimbalza, solo perché è intrappolata nelle cuffie».
Isolato nel suo mondo di suoni è Mauro, anestesista presso il Fatebenefratelli, antico ospedale sull’Isola Tiberina. Ossessionato fin dai tempi dell’università dal pensiero di risparmiare ai suoi pazienti quanto più possibile il dolore, epicureo nel suo modo di concepire la sofferenza fisica, come qualcosa che deve essere di breve durata. Se Mauro porta avanti questa battaglia con tanta convinzione è perché crede fortemente che: «Il dolore è un impedimento alla guarigione, sicuramente la rallenta, rende infinitamente penoso il decorso della malattia, provoca degli shock che si oppongono addirittura al risanamento».
Il liquido a cui fa il riferimento il titolo di questo primo racconto non è solo quello che viene prelevato a Mauro con una puntura durante una visita, ma rimanda anche al flusso delle acque del Tevere, che cullano i pazienti dell’Ospedale in un movimento continuo e rassicurante, come lo è il liquido materno. Mauro anche è a suo modo un’isola, per questa sua volontà ferrea di sospendere il dolore, spingerlo altrove, come le acque del Tevere, che proprio ai piedi dell’isola infatti scorrono inesorabili attraverso una discesa ripida, che a volte mette alla prova anche i più coraggiosi canottieri.
Nel secondo racconto, che dà il titolo alla raccolta, l’isola è già lontana. Attraverso un flashback torniamo al primo incontro di Mauro con il suo amico, a cui lo lega da subito la passione comune per la musica. Ecco, la musica è l’altro grande elemento di questa raccolta, e anche il primo che ci accoglie quando entriamo nello studio.
Ciò che colpisce di questo ultimo lavoro di Matronola è la totale centralità che viene assegnata al protagonista; il suo fascino è tale da oscurare tutto il resto. Gli altri personaggi che incontriamo gli ruotano intorno abbagliati dalla sua luce. Il mio amico ricorda per certi versi un sistema eleocentrico, tanto la scrittura di queste pagine sembra muoversi inseguendo Mauro in tutte le sue trasformazioni, con la puntualità e il rigore di una forma diaristica.
Sono diversi i luoghi nominati in queste pagine: Via delle Fornaci, il Palatino e poi Parigi, dove Mauro è stato spedito da ragazzo dal padre per perfezionare il suo francese. Il fascino che Matronola subisce per la Ville lumière emerge con forza nell’ultimo racconto, intitolato Cronaca di una spedizione.
«Rue de Verneuil è immersa nell’ombra, penetrata a fatica da qualche lama di luce».
Quest’ultimo passaggio è a tutti gli effetti un verso poetico. È così infatti che questa scrittrice lavora, incastrando poesia e prosa, e afferrandole in un unico movimento.

Manni editore, pp. 112, euro 13