Come passa il tempo quando ci si diverte. “Aspettando Godot” di Theodoros Terzopoulos

Potrebbe suonare pleonastico affermare che dal 12 al 15 gennaio scorso è andato in scena “l’attesissimo Aspettando Godot” di Theodoros Terzopoulos, dal momento che vorrebbe dire attendere Godot prima ancora di entrare a teatro e quindi significherebbe di per sé attendere un’attesa. Ma lo stare in attesa è un’arte per pochi, specie in una società come quella odierna che ci vede tutti impegnati a “performare”, a cogliere ogni singolo spiraglio di tempo e di spazio da occupare con qualcosa di produttivo e utile, quando di utile a volte ci sarebbe solo  fermarsi, indugiare, prendere e perdere tempo. 

Mi trovo al Teatro Storchi di Modena, alle porte del centro storico, un teatro che negli anni è stato ricettacolo di artisti e performer del teatro contemporaneo internazionale (Modena è una delle cinque città che fa parte della rete di ERT – Emilia Romagna Teatro), tra gli ultimi memorabili anche il grande maestro Peter Brook che fece sold out nel 2016.

Questa è la volta del greco Theodoros Terzopoulos, fondatore del metodo omonimo e dell’Attis Theatre di Delfi nel 1985, celebre per un approccio drammaturgico alla tragedia greca che viene impartito oggi in numerose scuole, accademie, istituti e dipartimenti di studi classici, nonché ideatore di un metodo di lavoro per l’attore che si compone di una sequenza di esercizi fisici e vocali volti a coltivare i principi fondamentali della pratica attoriale e a ricostruire l’unità tra parola e corpo.

Foto di Luca Del Pia

Theodoros Terzopoulos, riconosciuto a livello internazionale fra i maestri del teatro del Novecento, dopo la trilogia presentata a VIE Festival tra il 2013 e il 2017 (Allarme, Amor, Encore), ha fatto ritorno sul palco del Teatro Storchi di Modena dal 12 al 15 gennaio 2023 con la prima assoluta di Aspettando Godot, capolavoro di Samuel Beckett, ora in tournée in varie città d’Italia. In scena, il regista greco dirige un cast d’eccezione composto da attori che in varie occasioni hanno collaborato con ERT: Stefano Randisi (Vladimiro), Enzo Vetrano (Estragone), Paolo Musio (Pozzo), Giulio Germano Cervi (Lucky) e Rocco Ancarola (Ragazzo).

Con una pratica che coniuga arte antica e moderna, Terzopoulos è noto per il suo originale approccio alla tragedia greca e ai testi classici, vere e proprie fonti per indagare questioni universali dell’essere umano: «abbiamo bisogno di grandi idee, di grandi tensioni, come quelle della tragedia classica: tra umano e divino, tra uomo e uomo, tra privato e pubblico. A vincere non è la buona recitazione o la regia, ma la forza del conflitto che portano sulla scena» ha dichiarato.

In questo nuovo lavoro, l’artista greco sceglie di affrontare uno dei drammi che hanno maggiormente segnato la storia del teatro novecentesco: scritto da Beckett alla fine degli anni quaranta, pubblicato in lingua francese nel 1952 e andato in scena per la prima volta al Theatre de Babylone di Parigi il 5 gennaio 1953, Aspettando Godot è uno dei testi più celebri del “teatro dell’assurdo”, che ruota attorno al dialogo sterile fra due personaggi sospesi nella condizione dell’attesa. 

Un tempo infinito, eterno presente. «Aspettare finché non ci sia più niente da aspettare» scriveva Georges Perec ne L’uomo che dorme». https://tresequenze.com/2022/04/03/ll-inesistenza-un-uomo-che-dorme-di-georges-perec/(si apre in una nuova scheda)

Foto di Johanna Weber

Nella sua versione, la vicenda è ambientata in un mondo in rovina, in un futuro molto prossimo in cui tutte le ferite attuali e passate appaiono acuite. Didi e Gogo sembrano due clochard che passano il tempo a fare della filosofia, nell’attesa che arrivi Godot. Ma chi è Godot?

Godot è un mistero. C’è chi ha provato ad attribuirlo a Dio (God -> Godot), o a “un dio personale quaquaquaqua dalla barba bianca” – come direbbe Lucky nel suo urlo di condanna alla società moderna-, chi al riscatto, chi alla vita, chi alla morte. È un’assenza presenza che detta il ritmo dell’azione, una non-azione.

Foto di Johanna Weber

È da poco uscito nelle sale cinematografiche Grazie Ragazzi di Riccardo Milani, con uno strepitoso Antonio Albanese nei panni di un insegnante di teatro in un carcere che sceglie di far mettere in scena ai detenuti l’opera di Beckett. Trattandosi di una condizione carceraria, il tema dell’attesa è esasperato oltre che azzeccato (tanto che Beckett regalò i diritti del testo ai detenuti di Kumla). Una chicca del cinema italiano (sebbene sia l’adattamento del francese Un triomphe) che è commedia e al tempo stesso riflessione.

«In Aspettando Godot – commenta Terzopoulos – vengono date due risposte possibili, e da qui vogliamo far partire il nostro lavoro. La prima è il tentativo di comunicare e coesistere con l’Altro, colui che ci è prossimo, nonostante gli ostacoli, anche quando questi sembrano insuperabili. La seconda è il tentativo di mettersi in comunicazione con l’Altro dentro di noi, quest’area buia e imperscrutabile densa di desideri repressi e paure, istinti dimenticati, regione dell’animalesco e del divino, in cui dimorano la pazzia e il sogno, il delirio e l’incubo. Questo è il viaggio che cercheremo di fare: verso l’Altro dentro di noi e verso l’Altro al di fuori di noi, all’opposto, lontano da noi. Questo è il viaggio che proviamo a fare ogni giorno. Aspettando cosa? La redenzione della vita dai vincoli della morte? L’incontro con l’Umano, la fine di ogni atto di umiliazione inflitto da uomo a un altro uomo? Il Niente o l’Attesa, per usare i termini ironici e beffardi di Beckett? Ma esiste forse un altro modo per immaginare l’umanità emancipata, senza dover ricorrere all’abbattimento dei muri che separano questo “dentro” da questo “fuori”?».

Foto di Johanna Weber

Per un attimo, appena le luci si sono spente e il sipario ha reso visibile un’enorme croce/albero/supporto che da sola rappresentava l’intera scenografia, ho creduto di essere spettatrice di uno scherzo, ma anche del vero significato dell’opera: per tre minuti – che potevano essere due o cinque o dieci – il silenzio era calato, la scena era immobile, nulla accadeva. Ho pensato a un colpo di genio: Vuoi vedere che per un’ora e mezzo Terzopoulos ci fa aspettare Godot letteralmente? Invece no, Estragone esordisce col suo “Niente da fare”. Niente. La prima parola del testo.

Aspettando Godot significa aspettare quel niente, che è un tutto. È una lente d’ingrandimento sull’assurdità del presente di oggi, pieno di contraddizioni. È un classico e i classici, si sa, non invecchiano. 

Per questo non ci stancheremo mai di aspettare Godot.

Prossime date:

18 febbraio, Teatro Comunale – Belluno

24 febbraio – 5 marzo, Teatro Bellini – Napoli

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