“Le favolose” di Roberta Torre. Un docu-film tra fiaba e realtà.

Cinque donne trans, con costumi da bagno colorati e cuffie sgargianti in testa, danzano e ridono, si presentano, con i piedi giocano con l’acqua della piscinetta gonfiabile attorno alla quale sono sedute.

Inizia così Le favolose, docu-film diretto da Roberta Torre, film d’apertura delle Notti Veneziane alle Giornate degli Autori.

Protagoniste della pellicola sono sette amiche trans: Nicole (Di Leo), Porpora (Marcasciano), Sofia (Mehiel), Sandeh (Veet), Mizia (Ciulini), Antonia e Massimina.

Dopo aver trovato una lettera scritta da Antonia poco prima di morire, le favolose si rincontrano nella casa nella quale hanno vissuto assieme anni prima ed organizzano una seduta spiritica per invocare l’amica – e, per sbaglio, chiamano in causa anche Massimina, altra loro amica defunta: in vita o dall’al di là, le protagoniste raccontano pezzi della loro storia, le sofferenze e le gioie di aver scelto la libertà e di aver fatto del loro corpo “un atto politico”.

La pellicola è una poesia cinematografica, un racconto reale e, allo stesso tempo, fiabesco, toccante ed assolutamente mai pietista delle ferite, dei legami e delle lotte delle sette amiche.

Nicole ha capito in maniera definitiva a dieci anni chi era, divenendo improvvisamente adulta; Sofia ha trascorso l’infanzia tra l’orfanotrofio ed un collegio gestito dalle suore; Porpora racconta di essere sopravvissuta anche grazie al sex work, che rivendica come possibilità di autodeterminazione, affermando che “il divertimento della prostituzione era poter gestire il proprio tempo, eravamo libere dal tempo lavoro”; Sandeh, con la voce rotta dal pianto, afferma invece che non le è mai piaciuto prostituirsi; Mizia non sa bene cosa sia l’amore, ma probabilmente l’unica persona che abbia mai amato nella vita è sua figlia; Antonia è stata uccisa due volte: nel momento in cui è stata ammazzata, e nel momento in cui è stata seppellita con abiti da uomo.

Ed è questa la ragione che porta Nicole e Porpora ad organizzare l’incontro e la seduta spiritica con Sofia, Sandeh e Mizia: dare degna sepoltura ad Antonia, restituirle la sua identità, compie e questo atto d’amore, il cui rumore è più forte dei bisbigli e del vociferare che alla veglia per la morte dell’amica graffiavano l’aria.

L’incontro, la narrazione di sé e la messa in comune dei propri vissuti sono atti politici e di cura in grado di rompere il muro di silenzio e di mostrare come la strada per la libertà abbia “un caro prezzo”, ma scateni anche una forza dirompente che permette di unire ed intrecciare legami indissolubili.

Nel ripercorrere le proprie vite, in particolare a partire dalla fine degli anni Settanta, le protagoniste affrontano diverse questioni politiche, dall’identità di genere alla prostituzione, attraverso un intreccio costante di personale e politico, perché, alla fine, è questo quello che hanno fatto delle loro vite: una lotta quotidiana.

E se, come ci mostrano le favolose e come scriveva Angela Davis, la libertà è una lotta costante, questa è raggiungibile solamente tramite un lavoro quotidiano a partire da noi e dai legami che costruiamo.

Oltre ad essere sempre necessarie un’astronave – un armadio pieno di vestiti colorati, tacchi a spillo, piume e brillantini nel caso delle amiche protagoniste – ed un pizzico di magia per trasformarci in quello che vogliamo e desideriamo: perché la rivoluzione sarà favolosa o non sarà.

Pubblicato da francescabonassi

Nata a Brescia nel 1995. Si laurea in Giurisprudenza a Bologna e, durante gli studi, soggiorna per qualche mese a Coimbra. Ora vive a Napoli, dove sta svolgendo la pratica forense.

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