[…] Giro per la Tuscolana come un pazzo \ per l’Appia come un cane senza padrone. \ O guardo i crepuscoli, le mattine \ su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, \ come i primi atti della Dopostoria […]
Pier Paolo Pasolini, Io sono una forza del passato, in Poesie in forma di Rosa, 1964.
Roma, quadrante sud-est. Nella periferia di una città in continua e machiavellica espansione, “a macchia d’olio” secondo l’urbanista Italo Insolera, a prima vista non potrebbe esserci molto da raccontare, se non fatti di cronaca nera o storie di degrado, come spesso accade. Ma già qualcuno aveva colto il valore intrinseco di questi luoghi. Pier Paolo Pasolini, l’esempio più noto, amava camminare e raccontare quello che vedeva nei quartieri più malfamati di Roma, osservare i ragazzi di vita che campavano di espedienti e che popolavano quei palazzi così alti e diroccati o quelle baracche raffazzonate.
Il Quadraro, borgata popolare, sorto lungo la via Tuscolana all’inizio del Novecento, potrebbe essere quindi annoverato come sfondo letterario di un ragazzo di vita qualsiasi. Un luogo folkloristico, dove ritrovare la romanità che ormai scompare di fronte all’avanzata del nuovo, della gentrificazione, della hipsteria che ormai avvolge molte di queste vie e piazze. Ma non è così: la Storia di una piccola borgata si è intrecciata con quella di tutta Roma e d’Italia. È la Storia di una Medaglia d’oro al Merito civile, ottenuta per un grande sforzo eroico compiuto da una borgata di periferia durante la Resistenza antifascista, costato la vita a centinaia di persone.

È opportuno fare un passo indietro nel tempo e raccontare, allora, questa Storia. Il Quadraro nasce come “borghetto” nei primi decenni del Novecento lungo la consolare via Tuscolana. I borghetti, a differenza delle “borgate ufficiali” costruite dalle autorità, nascevano direttamente per iniziativa degli abitanti, dunque spontaneamente e abusivamente; era perciò costituito in prevalenza da costruzioni misere e baracche realizzate dagli immigrati che giungevano prevalentemente dalle zone limitrofe del Lazio.
Arrivarono così le prime infrastrutture, come la chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio, fondata nel 1916 e ampliata nel 1959, che diventerà poi uno dei punti di riferimento del quartiere, e una linea tramviaria.
Negli anni Trenta il regime fascista costruì diverse palazzine, in particolare nella zona a destra della Tuscolana. Proprio in questo lasso di tempo, a partire dal 1935, con l’inizio della collaborazione fra governatorato e IFACP (Istituto Fascista Autonomo Case Popolari), vennero completati e costruiti molti nuovi insediamenti in tutta Roma, cercando di risolvere l’endemico problema delle baracche e delle relative condizioni abitative disastrose di molti degli abitanti della capitale.

Alla formazione morfologica e demografica della borgata, si accompagnò anche quella dell’identità politica, che prese corpo durante la seconda guerra mondiale e la contestuale Resistenza.
Nel quadrante d’azione compreso tra le vie consolari Tuscolana, Casilina e Prenestina, che costituiva l’VIII zona dei Gruppi di azione patriottica (GAP) attivi durante il secondo conflitto mondiale, diverse bande compivano atti di resistenza civile contro i nazifascisti. Fra queste figuravano la Banda Rossi, una squadra di partigiani distaccatisi dal Movimento comunista d’Italia con sede al Quadraro, il Partito d’Azione e poi la Banda Basilotta, che faceva parte delle Brigate Matteotti e capeggiata da Gioacchino Basilotta, di cui faceva parte Giuseppe Albano ossia il famosissimo Gobbo del Quarticciolo.
Il quadrante sud-est della Capitale era quindi una zona di fervente antifascismo: nelle borgate la Resistenza diventò un fenomeno di massa. Proprio qui si sviluppò, quindi, la componente popolare della Resistenza romana, accanto a quella intellettuale animata soprattutto dagli studenti. Le azioni partigiane nelle borgate si saldarono a volte con vere e proprie manifestazioni di massa, plateali e incisive.
Ad esempio, fra il settembre 1943 e l’aprile del 1944, nel Tuscolano e nelle adiacenze si susseguirono diverse azioni di sabotaggio lungo le vie consolari, nei vicini aeroporti di Ciampino e Centocelle e vari attentati sulle linee ferroviarie.
Lo storico Gabriele Ranzato racconta di alcune azioni compiute dalla Banda Lampo, che nel gennaio del 1944 fu l’autrice dell’ostruzione della via Tuscolana all’altezza del bivio Cinecittà-Curato con grossi massi, causando il ribaltamento di un automezzo di testa di un’autocolonna tedesca e il ferimento dei conducenti. Un’altra banda, invece, fu colpevole di un deragliamento nella stazione Tuscolana di alcune locomotive tedesche. Azioni analoghe ebbero luogo anche nella vicina via Casilina.
Il 5 marzo 1944 alcuni partigiani dell’VIII zona uccisero il commissario di pubblica sicurezza del Quadraro Armando Stampacchia, che veniva considerato uno “zelante fascista”. Il mese successivo, nell’aprile del 1944, il Quadraro fu teatro di un’altra operazione partigiana clamorosa ad opera della banda Basilotta. Presso quella che era l’osteria Melafumo in via Tuscolana 684 tre gappisti della suddetta banda, fra cui probabilmente anche il Gobbo del Quarticciolo, uccisero tre militari tedeschi che erano lì per pranzare. La mattina del 17 aprile del 1944, ossia una settimana dopo l’attentato all’osteria Melafumo, circa duemila uomini vennero presi e portati via dalle loro case, su ordine del generale tedesco Herbert Kappler e con l’ausilio di unità dell’esercito tedesco. Ebbe così luogo il rastrellamento del Quadraro, un’azione di rappresaglia dei nazifascisti, che volevano lanciare un messaggio a questa borgata così accesa, tanto da essere soprannominata dai tedeschi nido di vespe.

In una relazione del Ministero dell’interno si parla di “[…] un’azione di rastrellamento nel rione Quadraro […] operando nelle vie, nei pubblici locali e nelle abitazioni private. Pare siano stati rastrellati circa 2000 uomini per il servizio del lavoro, fra i quali i giovani di 16 anni e persone di età sino a 55 anni e in taluni casi sino a 70 anni […]”. I duemila uomini arrestati vennero condotti presso i vicini studi di Cinecittà. Di questi, ne vennero scelti settecentosette in base alle loro attitudini fisiche.
Il parroco della chiesa di S. Maria del Buon Consiglio, don Gioacchino Rey, convinto antifascista che offriva rifugio in parrocchia a tanti dissidenti, offrì la propria vita ai tedeschi per far liberare i quasi mille prigionieri. La richiesta gli venne negata e non poté salvarli. A differenza di altre rappresaglie compiute nella Capitale, i rastrellati del Quadraro non vennero messi a disposizione delle forze armate tedesche per lavorare nei pressi di Roma ma vennero deportati in Germania.
Infatti, dopo due giorni, gli abitanti che erano stati presi vennero spostati e deportati al campo di concentramento di Fossoli, vicino Carpi, e ceduti come “lavoratori volontari” in diversi campi di lavoro tedeschi.
Non si conosce ancora il numero esatto di persone che non tornarono perché deceduti nei campi. Ad ogni modo, quelli che riuscirono a rientrare a Roma dopo lunghi mesi di patimenti, quasi sicuramente non sopravvissero a lungo.
Il console Eitel Friedrich Moellhausen scrisse nelle sue memorie sul rastrellamento del Quadraro che “[…] il rastrellamento del Quadraro fu il più imponente di quelli che Roma subì […]. Fu un’operazione diretta della polizia responsabile della sicurezza di Roma, la quale vedeva nel Quadraro il rifugio di tutti gli elementi contrari, degli informatori dei partigiani, dei comunisti, di tutti coloro che essa combatteva. Il comando della città era dell’opinione, più volte manifestata, che quando qualcuno non riusciva a trovare rifugio o accoglienza nei conventi o al Vaticano, si infilava al Quadraro, dove spariva. Voleva finirla una buona volta con quel “nido di vespe […]”.
In un comunicato nazista del 18 aprile, pubblicato su Il Giornale d’Italia, il rastrellamento, chiamato dai tedeschi Operazione Balena (Unternehmen Walfisch), venne correlato ad altre drammatiche rappresaglie avvenute contestualmente, quali l’attentato partigiano di via Rasella e l’eccidio delle Fosse Ardeatine, confermando quindi che fosse anche questa un’azione di questo genere dopo l’attentato ai tre militari all’osteria Melafumo. Il Quadraro, il “quartiere che nun abbozza”, non ha mai dimenticato il rastrellamento e anzi ne ha fatto un punto di forza della propria identità, appropriandosi dei valori della Resistenza e dell’antifascismo, i quali sono visibili ancora oggi nell’inclusività, multiculturalità e apertura di molti dei suoi abitanti.

Ad oggi è ancora viva la memoria di quanto è accaduto. L’ANPI, diverse sigle politiche, realtà associative e comitati di quartiere ricordano ogni anno il rastrellamento del 17 aprile 1944 con varie manifestazioni e commemorazioni. Il 25 aprile 2021, in occasione della Festa della Liberazione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha portato un omaggio ai caduti del rastrellamento al parco ad esso dedicato, ossia il giardino di Monte del Grano o Parco 17 aprile 1944, in piazza dei Tribuni.

In più, decine di libri, articoli, testimonianze, documentari e anche murales realizzati da street-artist internazionali sui muri del Quadraro ci raccontano, ognuno in maniera diversa, questa storia. Anche se purtroppo spesso questo episodio passa in secondo piano rispetto ad altre rappresaglie capitoline o altri episodi della Resistenza. Ed è per questo che non bisogna mai abbassare la guardia e continuare a raccontare.
Per non dimenticare i borgatari che hanno pagato con la vita nella lotta per la libertà. Perché Storia e Memoria sono tutto ciò che abbiamo e dobbiamo preservarle e difenderle contro chi nega, mistifica, dequalifica i valori della Resistenza. E per ricordare che anche una “piccola borgata di periferia” in realtà può essere, ed è, molto di più di quel che appare.

Fonti
A. Sotgia, INA Casa Tuscolano. Biografia di un quartiere romano, Franco Angeli, Milano, 2010
G. Berlinguer, P. Della Seta, Borgate di Roma, Editori Riuniti, Roma, 1976
G. Ranzato, La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza, Laterza, Roma-Bari, 2019
S. Fabrizi, La storia del Tuscolano. Dalla preistoria ai giorni nostri, Typimedia, Roma, 2019
S. Fabrizi, La storia del Quadraro. Dalla preistoria ai giorni nostri, Typimedia, Roma, 2021