Caro diario, ti racconto una serata al Sacher

«Sono le 20.38, che facciamo, cominciamo?». Con Carolina arriviamo al Cinema Nuovo Sacher per la proiezione di Caro diario e, dopo aver attraversato viale Trastevere senza mai prendere fiato, siamo comunque in ritardo. Corriamo per le scale alla ricerca del nostro posto in sala, e sì, con nostra sorpresa ci imbattiamo in Nanni Moretti impaziente di iniziare. Al nostro “buonasera” imbarazzato, ripete ancora una volta «Allora, incominciamo?», domanda che non sappiamo se interpretare come un invito o un rimprovero, per quel tono tra l’ironico e il nervoso che lo ha reso celebre.

In occasione del restauro in 4K di Caro diario, a cura della Cineteca di Bologna, sono state organizzate al Nuovo Sacher delle proiezioni introdotte dalla lettura da parte di Nanni Moretti di alcuni suoi diari, scritti tra il 27 aprile del 1992 e il 19 novembre 1993, settimana successiva all’uscita del film.

Assistere in questo cinema a una serata simile crea uno strano gioco di rimandi, tanto è sottile la linea che in Caro diario divide la vita dalla pellicola e la biografia di Nanni Moretti dalla costruzione del suo personaggio. Una linea che viene infine del tutto cancellata nella crudissima ripresa della chemioterapia nel terzo capitolo Medici.

Per noi, nate tra il ’93 e il ’94, questo film ha un significato particolare. Quando Chiara, un anno fa, si è trasferita al Villaggio Olimpico, le ho subito detto: «È uno dei quartieri che Nanni Moretti attraversa in vespa in Caro diario». Oggi che siamo qui, in questa stanza incastrata tra i platani di un quartiere nato per ospitare gli atleti delle Olimpiadi del 1960, penso che c’è un altro dettaglio che lega Nanni Moretti a questo luogo. Proprio qui infatti si trova il liceo Tito Lucrezio Caro, dove Nanni Moretti ha studiato, e qualche anno dopo anche io.

Il Ponte di Corso Francia che vediamo dalla finestra passa accanto alle case di questo quartiere e, attraversandolo, si ha per un momento l’impressione di entrarvi. In una scena del primo episodio del film, intitolato In vespa, vediamo Nanni Moretti sfrecciare sul viadotto, di cui parla così nelle pagine del suo diario: «Sarò malato ma io amo questo ponte. Ci devo passare almeno due volte al giorno». Questa passione, o forse sarebbe meglio dire ossessione per alcuni luoghi di Roma, è il tema centrale del primo capitolo. Tornarci spesso, soprattutto in quelli più amati come la Garbatella, è per lui rassicurante. Sarà per questo che ogni tanto sente il bisogno di spingersi oltre quelle zone già conosciute e raggiungere luoghi lontani e mitici come Spinaceto, quartiere che si nomina solo per parlarne male, o Casal Palocco, zona di villini in cui le persone si sono, a detta di Moretti, ingiustificatamente trasferite. Roma infatti negli anni Sessanta era bellissima e non c’era alcun motivo di abbandonarla.

Come quasi tutti in sala, ho visto così tante volte questo film da sapere quasi anticiparne le battute, ma quello che per me è nuovo, questa sera, è riconoscere per la prima volta i quartieri di Roma narrati con la musica di Leonard Cohen: il Villaggio Olimpico dove ho trovato una stanza in affitto, i Parioli da attraversare per arrivare in Accademia, Prati dove ho scoperto un piccolo cinema a cui mi sono affezionata. Anche se, durante questa permanenza romana, non sono ancora arrivata a spingermi fino a Spinaceto.

Dondolato dalle onde e quasi addormentato su un traghetto, Nanni Moretti dice: «Caro diario, sono felice solo in mare, nel tragitto tra un’isola che ho appena lasciato e un’altra che devo ancora raggiungere». Il secondo capitolo custodisce un altro frammento di esperienza, perché le Isole raccontate sono le stesse che hanno disegnato l’orizzonte della mia infanzia. Ancora oggi le Eolie osservate dalla costa sembrano ai miei occhi dischiudere una nuova promessa ogni estate. Ogni isola ha un carattere così forte e marcato da distinguersi nettamente da tutte le altre: appare sorprendente la capacità impressionistica di Moretti nel cogliere questi tratti specifici e nel trasformarli in “tipi”, come descritto nei suoi diari.

Una volta che ho avuto il coraggio di rimanere a Panarea più di quanto Nanni e l’amico Renato Carpentieri non facciano, terrorizzati dalla “festa in omaggio al cattivo gusto”, ho trovato su una bancarella uno splendido libro fotografico di Caro diario. Sembra quasi che questo film, catturando un po’ della luce e degli odori di questi luoghi, abbia per sempre inciso sull’immaginario che li circonda. E forse chi li abita sorride nel riconoscersi nel “nervosismo dovuto alla presenza del vulcano”, o quando si accorge di quanti bambini ci siano effettivamente a Salina.

Mentre guardo Caro diario per l’ennesima volta cerco di afferrare quale sia il segreto di questo film e in generale di Nanni Moretti. Intanto, penso come prima cosa, la capacità di aver dato voce alle proprie ossessioni, rendendole manifeste, invece di reprimerle. E questa pellicola, in quanto contemporaneamente risultato e processo di un lavoro diaristico, è forse l’emblema del modo di Moretti di concepire i propri film.

C’è un filo che lega le varie parti della filmografia morettiana che, come la vespa blu, si aggroviglia tra le case. In Caro diario sentiamo Moretti dire: «Che bello sarebbe un film fatto solo di case», e forse questa velleità si è realizzata nella sua ultima pellicola, Tre piani, di cui rimaniamo in attesa.

Caro Diario: la trama e le migliori scene del premiato cult di Nanni Moretti

Appena terminata la proiezione, continuiamo a discutere del film mentre camminiamo per Trastevere, fin quando un ragazzo non si avvicina e ci domanda con accento straniero: «Scusate, sapete indicarmi dov’è Piazza di Spagna?». Ha un sorriso gentile e familiare, un fascino quasi cinematografico.

Per fortuna Carolina conosce bene le strade e parla anche francese. Quasi come fossimo catapultate in una scena di Caro diario – quella in cui Nanni Moretti incontra Jennifer Beals – ci rendiamo conto di essere state appena fermate da Louis Garrel.

Ma non facciamo in tempo a realizzarlo, che già è sfrecciato verso il Centro: ventisette anni dopo l’uscita di Caro diario, non con una vespa, ma in monopattino.

Articolo di Carolina Germini e Chiara Molinari

La struttura e il tema di Caro diario hanno molti punti in comune con il taglio e l’idea della nostra rivista. Il film è diviso in tre episodi, legati dalla biografia di Nanni Moretti, e così anche noi abbiamo declinato in tre parti il nostro modo di osservare la città: attraverso i luoghi, la cultura e le persone che la abitano, colti in un unico movimento. Come Moretti in vespa, con i nostri articoli ci muoviamo tra gli spazi degli edifici, cercando di cogliere le trasformazioni urbane, convinti che i luoghi siano l’espressione più viva e autentica del vissuto storico e culturale della nostra società.

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