L’arte di Alessio Grillo scaturisce direttamente dal calore e dalla multiculturalità che si respira nella città dove è nato, vive e lavora: Catania. Illustratore, scrittore di libri per bambini, fotografo per passione e lettore accanito. Affascinato dal vuoto creato nelle strade catanesi dal lockdown, di norma brulicanti di persone, colori, odori e sapori, ha deciso di colmarlo con i suoi disegni. Da qui nascono le sue bellissime foto illustrate, grazie a cui riesce a far dialogare i luoghi a cui è visceralmente legato con animali, personaggi derivanti dal mito, da fiabe o semplicemente dalla sua creatività.
Com’è nata quest’idea di produrre opere a partire dalla città?
In realtà è un progetto che è nato da pochissimo, in questo periodo di quarantena. Mi affascinava leggere le notizie sugli animali che, poco a poco, stavano conquistando lo spazio urbano: nello specifico avevo letto dei fenicotteri in Sardegna. Anche qui a Catania abbiamo avuto un bell’esempio: c’erano delle oche che passeggiavano in città. Tutto questo mi ha fatto pensare a quanto la natura volesse riappropriarsi del paesaggio e delle città attraverso gli animali e quindi ho voluto contribuire anch’io in questo senso. Ho voluto inserire degli animali all’interno delle foto della città, ma non in maniera casuale. Sono tutti animali che per me hanno un significato particolare.

Come l’elefante per esempio
Ecco, l’elefante oltre ad essere il simbolo della città di Catania, il famoso Liotru, per me è una sorta di animale totem: mi rispecchia molto. È un animale antichissimo che rappresenta la saggezza, la memoria e la tradizione. Nella foto in cui l’ho inserito è tenuto con un laccio da un bambino, che rappresenta il presente e il futuro, a simboleggiare che questi non possono prescindere dal passato, incarnato dall’elefante.

Però non ti sei fermato soltanto agli animali…
No, andando avanti ho cominciato ad inserire personaggi presi dal mito, come l’illustrazione di Poseidone inserita su una foto del lungomare di Catania n.d.r. o anche elementi per me importantissimi come il soffio della vita, che ho rappresentato con una donna che in un campo di grano soffia su delle girandole, o come una bambina che, facendo le bolle di sapone, ingloba un aereo che vola nel cielo. In un certo senso volevo far rivivere quello che era il paesaggio, deserto durante il periodo di quarantena: Catania è una città solitamente molto caotica e vederla vuota era un gran colpo d’occhio. Volevo documentarla ed arricchirla con l’illustrazione, sostituendo al traffico cittadino, in quel periodo assente, elefanti, giraffe, personaggi vari.

Da quello che ho potuto percepire documentandomi su di te e sul tuo lavoro, mi pare che tu abbia un legame molto speciale con Catania, dove sei nato, vivi e lavori. Che cos’ha questa città che le altre non hanno? Cosa significa per te Catania?
Allora innanzitutto ci tengo assolutamente a dire che sono catanese al cento per cento (ride n.d.r.) perché adoro la mia città. Come gran parte delle città del Sud, Catania è una città molto aperta, a livello mentale e a livello di accoglienza. Inoltre, possiede al suo interno le influenze di tutte le dominazioni che si sono succedute nel corso della storia: quella greca, quella romana, quella bizantina, quella araba e così via. E sono presenti tutt’ora in un mix di multiculturalità e di persone che la rendono una città piacevolissima e stimolante in cui vivere. Ha sicuramente i suoi pro e i suoi contro, però è veramente una bella città. È singolare poi pensare come abbia dato i natali a personalità molto importanti a livello culturale: da Battiato a Carmen Consoli, da Pippo Baudo a Bellini o a Verga. Insomma, culturalmente parlando è una città molto energica e fertile.

Partendo proprio da questi artisti che hai citato, mi viene in mente un’altra questione: nella canzone Lo stretto necessario, cantata da Levante e Carmen Consoli e scritta da Colapesce e Dimartino, tutti siciliani, c’è una frase che recita: «Perché ho dovuto perderti per ritrovare il bello di te?». Vi leggo un riferimento alla tua isola e alla scelta di molti siciliani di allontanarsi per cercare fortuna. È stata una scelta quella di rimanere a Catania?
Io non critico chi per costruirsi un futuro va via, però vedo la questione in una maniera diversa: io cerco in tutti i modi di rimanere dove sono nato, per migliorare me stesso e soprattutto i luoghi che mi circondano. Magari è semplice andarsene, fare fortuna fuori per poi ritornare. Invece rimanendo qui credo che ci sia una crescita comune, per te stesso e soprattutto per il luogo dove vivi. Sgalambro diceva: «La Sicilia siamo noi e noi siamo la Sicilia». È un rapporto viscerale quello che mi lega a questa città e fortunatamente un lavoro come il mio non mi costringe a spostarmi, lavorando principalmente da casa. Ho naturalmente l’esigenza di viaggiare e di vedere altri posti, però poi, come Ulisse, torno sempre a casa.

Com’è cambiata, se è cambiata, la tua percezione in questo periodo di lockdown appena passato? La tua creatività ne ha risentito?
Questo periodo mi ha costretto a sedermi e a fare riflessioni che normalmente non avrei fatto, a causa degli impegni e del lavoro. Mi è servito per lavorare tanto ed è stato molto fruttuoso: alla fine ho pensato che bisognava rimanere in casa e la giornata in un modo o nell’altro doveva essere affrontata. Ho finito un progetto che mi portavo dietro da mesi, oltre a quello di cui mi sto attualmente occupando: devo illustrare il mio secondo libro per bambini, che ho anche scritto (il primo dal titolo Il gatto Geremia è uscito nel 2015 n.d.r.); ho anche appena terminato una serie di tavole sull’Io che probabilmente saranno parte di una mostra.

Dalle didascalie che scrivi sotto le tue foto illustrate pubblicate sui social, mi è parso di capire che tu sia un appassionato di poesia e letteratura. Qual è il rapporto che si crea tra questo mondo e la tua arte? Ti viene spontaneo collegare le due cose?
Io leggo da sempre: adoro i libri e la letteratura ed in questo periodo ho avuto modo di leggere tantissimo. Le due cose nascono separatamente però poi, come per magia, riesco a trovare quella frase, quel pezzo che in un certo senso va a spiegare quello che ho cercato di fare io attraverso l’immagine.

Ho notato un certo apprezzamento per alcuni poeti contemporanei…
Sì. Mi piacciono molto Franco Arminio, Michele Mari. La poetessa per eccellenza rimane però Alda Merini. Utilizzo spessissimo dei versi di poesie per dare il titolo alle mie opere, soprattutto nell’ambito delle mostre, proprio perché penso che la letteratura e la poesia come anche l’illustrazione siano tutte forme d’arte che si alimentano l’un’ l’altra, e quindi è bello giocare con queste diverse tipologie di arte.