Tra musica e colori: illustrare secondo Ginevra Vacalebre

Entrare nella mente di Ginevra Vacalebre deve essere qualcosa di meraviglioso. Mi è bastato sentire la sua voce al telefono per capire da quanta passione sia animato il suo lavoro da illustratrice ed animatrice. Dopo gli studi allo IED, questa giovanissima ragazza, a soli 24 anni, ha collezionato partecipazioni ad eventi pubblici di un certo spessore (si parla del RomaEuropa Festival e di una collaborazione con l’UNICEF) e a due videoclip musicali: ha contribuito con le sue animazioni al video di In peggio del rapper Dani Faiv e a quello di 16 marzo dell’eclettico Achille Lauro.

Abbiamo parlato di musica e colori, ma anche degli alberi che vede ogni mattina affacciandosi dalla sua stanza al Pigneto, riflettendo sul fatto che, in ogni progetto, i risultati migliori si raggiungono collettivamente, quando si viene a creare la giusta armonia.

Ciao Ginevra, partiamo dal video della canzone 16 marzo di Achille Lauro. In che modo sei stata contattata? Qual è il tuo rapporto con la musica?

Parto subito dicendo che il mio lavoro, per come lo vivo io, è estremamente legato alla musica: nel senso che la musica mi accompagna sempre mentre disegno, a prescindere che si tratti di un’animazione per un video musicale o di un’illustrazione. Sono stata contattata da YouNuts! (casa di produzione composta da Antonio Usbergo e Niccolò Celaia n.d.r.) in modo abbastanza casuale: Antonio Usbergo ha commentato una mia animazione postata sul mio secondo profilo instagram, cineprav, attraverso cui seguo diverse persone che lavorano a stretto contatto con gli artisti del momento, perché mi interessa molto quello che c’è dietro alla costruzione di un personaggio. Dal suo «Bellissima!» è partita, incredibilmente, la nostra collaborazione: inizialmente a febbraio per il video di In peggio di Dani Faiv e dopo pochissimo tempo per 16 marzo di Achille Lauro, entrambi artisti che mi piacciono molto. Quest’ultimo lavoro è stato davvero impegnativo perché avevo a disposizione soltanto dieci giorni, per di più in pieno lockdown!

Sono molto curiosa: come avete fatto a costruire il video in questa condizione?

Era chiaro a tutti che il video non poteva essere girato in quel momento, infatti tutte le riprese sono state effettuate dalla stessa Benedetta (Porcaroli, la protagonista del video n.d.r.) a cui era stata procurata una videocamera. La questione più difficile secondo me è stata la consapevolezza di dover forzatamente lavorare da lontano: anche per il video di Dani Faiv ho lavorato a distanza con la produzione, nonostante fossi stata presente sul set durante la registrazione, ma l’idea di non potersi vedere dal vivo a causa delle misure restrittive ha pesato molto. È stata davvero una grande sfida!

Hai ricevuto delle direttive per le animazioni? Da che cosa hai tratto ispirazione?

Come mood principale mi hanno indicato gli anni ‘90. La mia reference personale è stata Lana Del Rey: il pezzo di Achille mi ha fatto pensare molto a Summertime Sadness. Ho interpretato una sorta di messaggio in 16 marzo che è uscito il 16 aprile e che ad un certo punto recita «Ti ri-innamorerai a marzo», come a dire che quest’anno è andato come è andato ma che l’anno prossimo ci sarà una bella rinascita sotto molti punti di vista. Sono convinta che, quando questo lockdown si allenterà, tutta la frustrazione accumulata servirà da concime per farci rifiorire in un momento successivo. La canzone inoltre parla di una storia d’amore finita perché uno dei due si è stancato di aspettare l’altro e di rimanere in una situazione indefinita, fatta di quel non-detto, di quelle lontananze che hanno comunque un significato. Ci ho rivisto molto delle mie esperienze personali.

Una cosa fondamentale per me poi è il ritmo della canzone, quasi per deformazione professionale, avendo anche suonato la batteria: prima di mettermi a “sketchare” qualsiasi idea, ascolto la canzone più e più volte, ballandoci sopra per farmi venire in mente delle immagini. Dalla musica passo al movimento che mi stimola immagini che poi diventano illustrazioni o animazioni. È stata un’esperienza molto intima e molto forte.

Un’immagine meravigliosa. Documentandomi sulla tua carriera ho notato che hai cominciato con animazioni ed illustrazioni per bambini: ti va di raccontarmi com’è andata? C’è qualche differenza con le illustrazioni per adulti? Preferisci le une rispetto alle altre?

L’illustrazione nasce per accompagnare un testo, che sia una rivista di qualsiasi genere o un libro per bambini. In questo periodo ho cercato di non precludermi progetti di nessun tipo e di pensare che sono in un momento della mia vita in cui posso permettermi di sperimentare: il fatto di accettare tutti i lavori che mi propongono mi permette di consolidare le mie competenze su varie cose.

L’anno scorso per esempio ho partecipato ad un evento organizzato in Piazza del Popolo a Roma dall’UNICEF, UNICEF Generation, facendo Live Scribing, disegnando i concetti principali di un discorso fatto in contemporanea da qualcun altro. Un po’ quello che fa Makkox per intederci. È stato molto emozionante e molto formativo perché non lo avevo mai fatto e soprattutto perché hanno partecipato vari personaggi come Enrico Mentana, Geppi Cucciari, Carlo Conti e perfino Virginia Raggi.

Mi interessano molto le dinamiche di volontariato, soprattutto per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, e far parte di questo progetto mi ha dato l’opportunità di approfondire la condizione dei bambini nel mondo. Sempre lo scorso anno ho partecipato con un’agenzia di comunicazione di Roma a degli eventi per bambini che si sono tenuti al MAXXI e al MACRO in occasione del RomaEuropa Festival sezione Kids ed è stata la prima prova che mi ha permesso di lavorare e di interfacciarmi con i bambini. Dopo le esperienze con le animazioni video, attualmente sto lavorando ad un libro per bambini, oltre a frequentare un corso di Art Direction.

Non voglio ancora settorializzarmi, voglio continuare a cercare e soprattutto curiosare in diversi ambiti: mi piace molto capire come funzioni il lavoro degli altri e l’idea che dietro ad un progetto ci sia una costruzione collettiva. Le cose belle si fanno in tanti e quando si crea armonia all’interno del gruppo di lavoro.

Hai sempre saputo di voler fare del disegno (illustrazione e/o animazione) il tuo mestiere? Possiedi dei particolari riferimenti estetici o di stile?

Ho sempre amato disegnare, avrei anche voluto frequentare il liceo artistico se i miei non mi avessero convinto ad optare per il liceo classico, che effettivamente si è rivelata la scelta giusta, poiché questo tipo di scuola ti offre una visione molto ampia delle cose.

Ho sempre studiato con grande passione, soprattutto per comprendere le storie di vita che si celano dietro a quei nomi famosi citati sui libri che tutti conosciamo. Per esempio, durante il liceo, mi ha suscitato moltissime immagini lo studio della Divina Commedia, soprattutto grazie alle illustrazioni che ne ha fatto Salvador Dalí: è stato emozionante perché mi sono resa conto che, se anche un artista come Dalí è riuscito a prendere spunto da un testo o dal formaggio molle che stava mangiando per dipingere La persistenza della memoria, significa che l’ispirazione può essere trovata veramente in qualsiasi cosa. Mi rivedo molto in questa considerazione, l’ispirazione può scaturire da una passeggiata, da una serata fra amici… Poi vivendo a Roma, un’altra cosa che mi ispira particolarmente è la città. Nel caso specifico di Roma in particolare mi colpisce il contrasto tra cose antiche e cose nuove e anche un certo degrado urbano che però rende tutto molto vivo, cosa che apprezzo tanto. Vedo l’illustrazione come un filtro attraverso cui raccontare delle storie.

Focalizziamoci su Roma: in che quartiere vivi?

Vivo al Pigneto. Mi sono trasferita a Roma durante l’ultimo anno del corso allo IED, dopo due anni da pendolare, visto che sono nata e cresciuta fuori Roma, a Maccarese. Da quel momento è iniziata questa confluenza di immagini cittadine, per me nuova, perché fino a quel momento avevo vissuto in campagna. Il mio immaginario si è ampliato da piante e animali fino a comprendere la mobilità e la vita frenetica urbana. Mi trovo benissimo in questa zona perché posso raggiungere qualsiasi posto, andare alle lezioni di disegno dal vero, incontrare gli amici, semplicemente passeggiando. Il fatto che io viva in città ma abbia l’affaccio su un viale alberato mi fa rimanere sempre in una dimensione molto piacevole, anche perché mi basta affacciarmi dalla finestra per lasciarmi ispirare da quello che accade per la strada sotto ai miei occhi.

Mi è parso di capire che generalmente passi molto tempo nella tua stanza: puoi descriverci come si svolge la giornata tipo di un’illustratrice? Il lockdown ha cambiato qualcosa? 

Parto col dire che un illustratore o comunque un lavoratore del settore creativo da freelancer possa avere influenze molto diverse a seconda del periodo, quindi la mia routine cambia a seconda dei progetti del momento. Cerco di non svegliarmi mai dopo le 9.30 del mattino, faccio colazione e poi mi metto a disegnare, interrompendo solo per i pasti.

Prendiamo l’esempio di un lavoro di illustrazione di un libro: la prima cosa che mi impegna molto tempo è chiaramente la pre-produzione, che è la parte più intensa della progettazione di un lavoro, dove si fanno le prove dei colori e dei disegni. L’esecuzione di tavole è la parte più semplice, perché a quel punto si tratta solo di colorare: solitamente mi piace lavorare con tempere e matite colorate, soprattutto per le tavole delle illustrazioni per bambini. Per me questo tipo di lavoro, in questo momento, è molto meno faticoso si dover animare al computer, perché colorare per me è un’operazione molto istintiva, non preparo quasi mai i colori ma mi lascio trasportare dal momento.

Quindi direi che il lockdown ha cambiato in minima parte le mie giornate. Certo, non si poteva uscire fuori a cercare ispirazione, almeno fino a qualche giorno fa, quindi ho dovuto cercare delle alternative: quando sentivo il bisogno di andare in una determinata location, cercavo quello che mi interessava su Google Earth o dei riferimenti su YouTube, questione di organizzazione!

Pubblicato da Lavinia Micheli

Mi piacciono le cose semplici perché credo fortemente che da esse si sprigionino i valori più grandi. Cerco di applicare questa stessa filosofia al mio modo di comunicare scrivendo: "Le parole sono importanti!" ed una buona comunicazione è alla base di qualsiasi rapporto, da quello lavorativo a quello amoroso. Sono incuriosita dai meccanismi sociali e cerco di apprendere da tutto ciò che la vita può offrirmi, per questo sono laureata in Cooperazione Internazionale e Sviluppo e in Antropologia Culturale. Amo viaggiare (spesso con la mente) e scoprire altre sensibilità, altri punti di vista sul mondo e sulla vita. Ho vissuto per quattro mesi nella Sierra Norte di Puebla (Messico) per la ricerca della mia tesi di laurea sull'empowerment femminile delle donne indigene del luogo. Non smetto mai di stupirmi e di sorridere.

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