Ciao Ciao!

La mamma era una di quelle persone che va al mare con il rossetto senza  risultare eccessiva. Le aleggiava intorno giusto una sfumatura di sciatteria a causa  del suo carattere ciarliero. Una donna elegante, pensava il papà mentre guidava la  macchina, e sorrideva al ricordo dolce di tutte le volte che lei l’aveva messo in  imbarazzo con un’osservazione fuori luogo o una domanda sciocca. Una donna tenera e semplice, morbida in ogni senso, rifletteva mentre gli sudava la schiena. La  mamma continuava a parlare; forse, e anzi di certo, nessuno l’ascoltava. I due  bambini litigavano sul sedile posteriore. Il papà sospirò, già stanco al pensiero  che di lì a poco avrebbe dovuto alzare la voce. Portava la famiglia al mare.  Erano in vacanza, finalmente. Dopo tanto lavoro si fissava il primo ombrellone. 

La mamma improvvisamente tacque. Si rifaceva il trucco servendosi dello  specchietto di cortesia. Pensò, sorridendo a se stessa, che la sua vita non era  come l’avrebbe voluta, ma che almeno il tempo era bello.  

Una frenata brusca interruppe le riflessioni dei grandi e le grida dei bambini:  il mare. Erano arrivati. Che meraviglia, una scogliera di pietra candida e  appuntita disegnava un’ombra curiosa sulla mezzaluna di spiaggia di fronte al  loro appartamento. 

Anche la casa era bianca, da togliere il fiato, quasi fastidiosa alla vista. Le  pareti erano abbellite da una cascata di bouganville di un viola intenso e davanti  alla porta, nel piccolo patio, erano stati sistemati un tavolo e quattro grosse  sdraio imbottite, che avevano tutta l’aria di essere comode e avvolgenti. Il papà  pensò che avrebbero fatto delle ottime colazioni e guardò sua moglie con aria  sognante, cercando in lei la conferma dei suoi desideri. 

Faremo delle ottime colazioni, pensava sempre più intensamente, come se lei  potesse sentirlo. Ma era impegnata in altri affari e non ricambiò lo sguardo.  Spostava le valigie dentro al bagagliaio, senza criterio, sicura in fondo che a quello  avrebbe pensato il papà. Si fermò invece a fissare la scogliera aggrottando la  fronte. Fu solo un attimo, immediatamente si riscosse, diretta verso il delizioso  muretto a secco che separava la casa da quella affianco. La vicina stendeva i  panni, sarebbero presto diventate amiche: erano già impegnate in un’accesa  discussione, la mamma rideva contenta e deliziosamente sguaiata. 

Il papà sentì un lampo di apprensione accendersi dentro di lui. Non riesce  proprio a trattenersi, pensò indispettito, e ricacciò indietro l’immaginario desiderio  delle future colazioni in famiglia. Approfittando della confusione che coglie gli adulti nelle situazioni nuove, le piccole pesti saltellavano sui letti nella cameretta,  felici che fosse concesso loro qualcosa di assolutamente proibito a casa. Il papà si indispettì ancora di più, rendendosi conto di essere l’unico che  ancora non si stava divertendo, e cacciò un urlo per rimettere almeno i figli  al loro posto. Rientrò in casa, contrariato. Per sua fortuna si imbatté in un  grosso specchio a figura intera, posizionato appena all’inizio del corridoio.  Stava davvero bene nel completo estivo che gli aveva comprato la mamma. Il  blu della camicia avrebbe presto fatto risaltare un’abbronzatura da fare invidia.  I pantaloni di lino gli scivolavano addosso perfettamente, nemmeno fossero  stati confezionati su misura. 

La mamma, che rientrava in casa in quel momento, gli gettò un’occhiata  compiaciuta. L’ordine fu così ripristinato. 

La famiglia si riunì a tavola e pasteggiò allegramente. I bambini tentarono  di stabilire, gridando e spingendosi, chi dei due si sarebbe divertito di più a  cavalcare le onde sul materassino. Il più grande minacciò di non lasciar provare il più piccolo, che sbraitò dimenandosi, come se nella sua protesta fosse  accartocciato il dolore per tutte le ingiustizie del mondo. Il papà urlò di nuovo:  quel giorno avrebbero lasciato il materassino a casa, non ci avrebbe giocato  nessuno. Consumarono tutti un pasto leggero perché la mamma non avesse  modo di impedire a nessuno di gettarsi subito in acqua. Bianchi pure loro, come  la casa, come la scogliera, dovettero rassegnarsi a impastarsi di crema prima di  scendere in spiaggia. 

Avanzando sul sentiero di ciottoli che li portava fin sulla battigia, il papà  ebbe un sussulto. Un sassolino gli era entrato nella scarpa e gli aveva graffiato  il piede. Chinandosi per scacciarlo via, si ritrovò a tu per tu col fondoschiena  della mamma. Le diede un pizzicotto, proprio lì. La mamma sussultò e lanciò  un gridolino garrulo.  

 «Sei matto» disse al papà. 

 «Che schifo!» urlarono sputacchiando i bambini. 

Piantarono due ombrelloni, stesero i teli per terra, armeggiarono per montare  delle ridicole sedioline di legno. I bambini fremevano per gettarsi in acqua, ma  il papà non poteva accettare che si buttassero prima che lui avesse finito di  montare tutto quanto, così li costrinse a fissarlo con espressione infelice mentre  attendevano. 

In men che non si dica la mamma venne reclutata per una partita a carte,  qualche ombrellone più in là. Il papà sospirò. Alzò una mano, segno che i  piccoli potevano andare. Senza togliere i piedi dalle ciabatte di plastica, si lasciò  cadere su una delle sedie e aprì il giornale, sentendosi improvvisamente meglio.  Provò a interessarsi alle notizie. Gli parve di notare delle occhiate languide da  una signora di mezza età alla sua destra, che aveva il viso in parte nascosto da un  cappello a falda larga. Lusingato, sorrise e indugiò in pensieri disonesti. Come  desiderava da giorni, cadde preda di un sonno profondo e senza sogni. 

Così passarono il secondo e il terzo giorno, nemmeno fossero stati preparati  con lo stampo. Spinto da un entusiasmo paterno vecchio stile, il papà baciava  tutte le sere i suoi figli sulla fronte, per aiutarli a prendere sonno. Una volta  raggiunto il suo letto, gli pareva che la mamma profumasse più del solito. Lei  chiudeva gli occhi immaginandosi altrove, ma felice che il cuscino odorasse di  lavanda e le lenzuola fossero ben stirate. 

Si crede che il giorno di una tragedia debba essere nero come la pece, che il  vento debba soffiare, ingrossando il mare, che i fulmini seminino terrore come  grano su un campo. Pretendiamo che il mondo patisca il nostro stesso dolore e ci accompagni nel tormento. Invece quasi mai le cose stanno così. Il papà si addormentò come al solito sulla sdraio di legno, fingendo di stare  comodo. Di tanto in tanto si risvegliava a causa del ciondolare della testa. La  mamma giocava a carte e parlava, giocava e parlava, parlava e parlava, amica  ormai di ogni signora perbene che fosse in vacanza nelle vicinanze.    

Grazie all’abbronzatura, appariva anche qualche anno più giovane. Esibiva  una perfetta dizione e una sorprendente conoscenza della lingua, si compiaceva  della sua inarrivabile dimestichezza nell’arte della conversazione, lasciandosi  andare al pettegolezzo frivolo da spiaggia. Aveva collezionato qualche giovane  pretendente, da respingere con gentilezza. Non si poteva dire che fosse noiosa,  le storie le si animavano piacevolmente tra le labbra e alla fine si aveva davvero  voglia di ascoltarla. Ottimo anche il senso dell’umorismo, era una bella donna  che faceva ridere e perciò risultava quasi impossibile non rimanerne affascinati.  Inoltre, e questo era davvero sorprendente, sapeva ascoltare. 

Certo, fu proprio così che né lei né il papà si accorsero di nulla. Se lui avesse  riposato di più durante l’anno, se lei fosse stata semplicemente meno conviviale, si sarebbero accorti che in quel giorno di sole, su quel mare da favola, qualcosa  non andava. 

Avrebbero potuto chiamare aiuto, se solo se. Ma invece no. 

I bambini erano tra le onde a provare il materassino. Bisticciavano e si  divertivano a fare i cattivi. Il materassino viaggiava e loro con lui, fin dove non  si tocca e molto più lontano. Il sole calò nel cielo, furono distanti a lungo. Un  mulinello d’acqua arrabbiata si agganciò al materassino e loro non volevano  lasciarlo andare, trovandosi alleati contro un terzo pretendente che giocava  sporco. Non si accorsero subito che non sarebbero mai potuti tornare indietro  e continuarono a battersi con stizza, rivendicando ciò che era loro. Quando fu  chiaro il pericolo, gli si strinsero gli intestini e tutto quello che c’è in mezzo alle  gambe. Gridavano, agitando le mani come ali di gabbiano. 

La mamma li intercettò con la coda dell’occhio e svogliata sventolò le mani,  continuando a parlare. Ciaociao!, gridò, mentre loro andavano giù. Il papà  dormiva sereno.

Illustrazioni di Alessandra Donato

Pubblicato da Sofia Pirandello

Nata e cresciuta a Roma, Sofia Pirandello vive a Milano, dove sta svolgendo il Dottorato di ricerca in Filosofia. Il suo romanzo d'esordio "Candido suicida", edito da Round Robin Editrice, è risultato vincitore del premio SIAE "Sillumina" per l'opera prima e per la traduzione negli Stati Uniti.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: