La mamma era una di quelle persone che va al mare con il rossetto senza risultare eccessiva. Le aleggiava intorno giusto una sfumatura di sciatteria a causa del suo carattere ciarliero. Una donna elegante, pensava il papà mentre guidava la macchina, e sorrideva al ricordo dolce di tutte le volte che lei l’aveva messo in imbarazzo con un’osservazione fuori luogo o una domanda sciocca. Una donna tenera e semplice, morbida in ogni senso, rifletteva mentre gli sudava la schiena. La mamma continuava a parlare; forse, e anzi di certo, nessuno l’ascoltava. I due bambini litigavano sul sedile posteriore. Il papà sospirò, già stanco al pensiero che di lì a poco avrebbe dovuto alzare la voce. Portava la famiglia al mare. Erano in vacanza, finalmente. Dopo tanto lavoro si fissava il primo ombrellone.
La mamma improvvisamente tacque. Si rifaceva il trucco servendosi dello specchietto di cortesia. Pensò, sorridendo a se stessa, che la sua vita non era come l’avrebbe voluta, ma che almeno il tempo era bello.
Una frenata brusca interruppe le riflessioni dei grandi e le grida dei bambini: il mare. Erano arrivati. Che meraviglia, una scogliera di pietra candida e appuntita disegnava un’ombra curiosa sulla mezzaluna di spiaggia di fronte al loro appartamento.
Anche la casa era bianca, da togliere il fiato, quasi fastidiosa alla vista. Le pareti erano abbellite da una cascata di bouganville di un viola intenso e davanti alla porta, nel piccolo patio, erano stati sistemati un tavolo e quattro grosse sdraio imbottite, che avevano tutta l’aria di essere comode e avvolgenti. Il papà pensò che avrebbero fatto delle ottime colazioni e guardò sua moglie con aria sognante, cercando in lei la conferma dei suoi desideri.
Faremo delle ottime colazioni, pensava sempre più intensamente, come se lei potesse sentirlo. Ma era impegnata in altri affari e non ricambiò lo sguardo. Spostava le valigie dentro al bagagliaio, senza criterio, sicura in fondo che a quello avrebbe pensato il papà. Si fermò invece a fissare la scogliera aggrottando la fronte. Fu solo un attimo, immediatamente si riscosse, diretta verso il delizioso muretto a secco che separava la casa da quella affianco. La vicina stendeva i panni, sarebbero presto diventate amiche: erano già impegnate in un’accesa discussione, la mamma rideva contenta e deliziosamente sguaiata.
Il papà sentì un lampo di apprensione accendersi dentro di lui. Non riesce proprio a trattenersi, pensò indispettito, e ricacciò indietro l’immaginario desiderio delle future colazioni in famiglia. Approfittando della confusione che coglie gli adulti nelle situazioni nuove, le piccole pesti saltellavano sui letti nella cameretta, felici che fosse concesso loro qualcosa di assolutamente proibito a casa. Il papà si indispettì ancora di più, rendendosi conto di essere l’unico che ancora non si stava divertendo, e cacciò un urlo per rimettere almeno i figli al loro posto. Rientrò in casa, contrariato. Per sua fortuna si imbatté in un grosso specchio a figura intera, posizionato appena all’inizio del corridoio. Stava davvero bene nel completo estivo che gli aveva comprato la mamma. Il blu della camicia avrebbe presto fatto risaltare un’abbronzatura da fare invidia. I pantaloni di lino gli scivolavano addosso perfettamente, nemmeno fossero stati confezionati su misura.

La mamma, che rientrava in casa in quel momento, gli gettò un’occhiata compiaciuta. L’ordine fu così ripristinato.
La famiglia si riunì a tavola e pasteggiò allegramente. I bambini tentarono di stabilire, gridando e spingendosi, chi dei due si sarebbe divertito di più a cavalcare le onde sul materassino. Il più grande minacciò di non lasciar provare il più piccolo, che sbraitò dimenandosi, come se nella sua protesta fosse accartocciato il dolore per tutte le ingiustizie del mondo. Il papà urlò di nuovo: quel giorno avrebbero lasciato il materassino a casa, non ci avrebbe giocato nessuno. Consumarono tutti un pasto leggero perché la mamma non avesse modo di impedire a nessuno di gettarsi subito in acqua. Bianchi pure loro, come la casa, come la scogliera, dovettero rassegnarsi a impastarsi di crema prima di scendere in spiaggia.
Avanzando sul sentiero di ciottoli che li portava fin sulla battigia, il papà ebbe un sussulto. Un sassolino gli era entrato nella scarpa e gli aveva graffiato il piede. Chinandosi per scacciarlo via, si ritrovò a tu per tu col fondoschiena della mamma. Le diede un pizzicotto, proprio lì. La mamma sussultò e lanciò un gridolino garrulo.
«Sei matto» disse al papà.
«Che schifo!» urlarono sputacchiando i bambini.
Piantarono due ombrelloni, stesero i teli per terra, armeggiarono per montare delle ridicole sedioline di legno. I bambini fremevano per gettarsi in acqua, ma il papà non poteva accettare che si buttassero prima che lui avesse finito di montare tutto quanto, così li costrinse a fissarlo con espressione infelice mentre attendevano.
In men che non si dica la mamma venne reclutata per una partita a carte, qualche ombrellone più in là. Il papà sospirò. Alzò una mano, segno che i piccoli potevano andare. Senza togliere i piedi dalle ciabatte di plastica, si lasciò cadere su una delle sedie e aprì il giornale, sentendosi improvvisamente meglio. Provò a interessarsi alle notizie. Gli parve di notare delle occhiate languide da una signora di mezza età alla sua destra, che aveva il viso in parte nascosto da un cappello a falda larga. Lusingato, sorrise e indugiò in pensieri disonesti. Come desiderava da giorni, cadde preda di un sonno profondo e senza sogni.
Così passarono il secondo e il terzo giorno, nemmeno fossero stati preparati con lo stampo. Spinto da un entusiasmo paterno vecchio stile, il papà baciava tutte le sere i suoi figli sulla fronte, per aiutarli a prendere sonno. Una volta raggiunto il suo letto, gli pareva che la mamma profumasse più del solito. Lei chiudeva gli occhi immaginandosi altrove, ma felice che il cuscino odorasse di lavanda e le lenzuola fossero ben stirate.
Si crede che il giorno di una tragedia debba essere nero come la pece, che il vento debba soffiare, ingrossando il mare, che i fulmini seminino terrore come grano su un campo. Pretendiamo che il mondo patisca il nostro stesso dolore e ci accompagni nel tormento. Invece quasi mai le cose stanno così. Il papà si addormentò come al solito sulla sdraio di legno, fingendo di stare comodo. Di tanto in tanto si risvegliava a causa del ciondolare della testa. La mamma giocava a carte e parlava, giocava e parlava, parlava e parlava, amica ormai di ogni signora perbene che fosse in vacanza nelle vicinanze.

Grazie all’abbronzatura, appariva anche qualche anno più giovane. Esibiva una perfetta dizione e una sorprendente conoscenza della lingua, si compiaceva della sua inarrivabile dimestichezza nell’arte della conversazione, lasciandosi andare al pettegolezzo frivolo da spiaggia. Aveva collezionato qualche giovane pretendente, da respingere con gentilezza. Non si poteva dire che fosse noiosa, le storie le si animavano piacevolmente tra le labbra e alla fine si aveva davvero voglia di ascoltarla. Ottimo anche il senso dell’umorismo, era una bella donna che faceva ridere e perciò risultava quasi impossibile non rimanerne affascinati. Inoltre, e questo era davvero sorprendente, sapeva ascoltare.
Certo, fu proprio così che né lei né il papà si accorsero di nulla. Se lui avesse riposato di più durante l’anno, se lei fosse stata semplicemente meno conviviale, si sarebbero accorti che in quel giorno di sole, su quel mare da favola, qualcosa non andava.
Avrebbero potuto chiamare aiuto, se solo se. Ma invece no.
I bambini erano tra le onde a provare il materassino. Bisticciavano e si divertivano a fare i cattivi. Il materassino viaggiava e loro con lui, fin dove non si tocca e molto più lontano. Il sole calò nel cielo, furono distanti a lungo. Un mulinello d’acqua arrabbiata si agganciò al materassino e loro non volevano lasciarlo andare, trovandosi alleati contro un terzo pretendente che giocava sporco. Non si accorsero subito che non sarebbero mai potuti tornare indietro e continuarono a battersi con stizza, rivendicando ciò che era loro. Quando fu chiaro il pericolo, gli si strinsero gli intestini e tutto quello che c’è in mezzo alle gambe. Gridavano, agitando le mani come ali di gabbiano.
La mamma li intercettò con la coda dell’occhio e svogliata sventolò le mani, continuando a parlare. Ciaociao!, gridò, mentre loro andavano giù. Il papà dormiva sereno.
Illustrazioni di Alessandra Donato